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"Queste leggi, o Signore, bastano alla felicità ed al beneficio dei vostri popoli. Essi con tutta l'anima, colle forze della loro coscienza, solennemente respingono la straniera rivoluzione, importazione di un regime non fatto per loro!

" Piaccia alla M. V. riprendere la concessione strappata dalla violenza e dalla perfidia colla violazione dei più sacri doveri, e preparata colle più sacrileghe ed inique mire settarie. Ritorni noi popoli sotto l'unico potere del paterno Suo Scettro, e noi ed i nostri figli benediremo, colla restaurata potente forza della Monarchia assoluta, il nome sagro del nostro magnanimo buon Re Ferdinando II „.

La petizione aveva forma ufficiale, e però era difficile sottrarsi a firmarla, potendo il rifiuto aver quasi l’aria di una provocazione. La procedura era questa. Un agente di polizia la presentava al sindaco, che la sottoscriveva e faceva sottoscrivere dai Decurioni, dai proprietari ed altri cittadini. Le firme erano autenticate dai pubblici notari. I sindaci, che si rifiutarono di firmare, veramente ben pochi, furono via via destituiti, dichiarati attendibili e tenuti d’occhio dalla polizia, come avvenne a Giuseppe Beltrani, sindaco di Trani, al quale la petizione fu presentata dal commissario di polizia, don Tommaso Lopez. Il mio amico Giovanni Beltrani, nipote dell’animoso sindaco, e felice raccoglitore di documenti storici caratteristici, trovò copia del documento fra le carte dello zio.

Carlo Filangieri conservò i vecchi privilegi dell’Isola: il porto franco a Messina, l’esclusione dalla leva e dalla gabella del sale e la libera coltivazione del tabacco. Furono assoluti i Comuni dai debiti contratti durante la rivoluzione; reintegrati la Chiesa, lo Stato e i pubblici stabilimenti nei beni alienati, e restituiti quelli confiscati ai gesuiti e ai liguorini. Ripristinò la Consulta, istituita nel 1824; e trovando in pessime condizioni l’erario, o non credendo opportuno nei primi tempi accrescere le tasse, istituì un debito pubblico per la Sicilia, che in poco tempo salì alla pari, e poi la superò.

Il principe di Satriano era vissuto nella sua gioventù tra i maggiori splendori, benché egli fosse personalmente semplice, non senza qualche tendenza all’austerità. Luogotenente del Re in Sicilia, intendeva la necessità di circondare il suo potere di prestigio, un po’ napoleonico, ma di sicuro affetto sulle popolazioni immaginose dell’Isola. Abitò in Palazzo Reale ed ebbe una Corte. La Reggia Normanna, dov’è raccolta tanta dovizia di arte e di