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di Torino, fu chiusa anch’essa. Da allora non si è mai saputo dove sia andato a finire il suo immenso materiale, e quella stupenda collezione di conii, alla quale lavorarono, negli ultimi anni, due incisori di prim’ordine: l’Arnaud e il Piranesi. La Zecca di Napoli, cui fu annessa nel giugno del 1858, una scuola per l’incisione in acciaio, era forse la prima d’Italia, anche per valore tecnico. Bellissime davvero le monete di argento e di rame. Il Regno aveva un regime monetario monometallico a base d’argento. Monete d’argento e fedi del Banco formavano questo regime, e le fedi del Banco anche all’estero eran tenute in conto di valuta di prim’ordine. Dopo che nel 1835 Ferdinando II fece coniare la bellissima moneta d’oro di trenta ducati, divenuta preziosa per la purezza della lega e il valore intrinseco, monete d’oro non se ne coniarono sino al 1860. E oggi non esiste più neppure la Zecca, che dava da vivere a tanta gente, e non avrebbe dovuto davvero andar travolta in quel grande vortice di distruzione, che segnalò il nuovo regime, ferì e spostò tanti interessi e creò tanto malcontento.


Nella Borsa si accentrava il movimento economico del Regno. Primeggiava tra i valori, la rendita, vera preoccupazione di Stato, e vanità della Corte e d’ogni napoletano. Le contrattazioni passavano per le mani di agenti di cambio di gran credito. Del Pozzo, Marrucco, Spasiano e Zingaropoli erano fra i più rinomati, per la loro lunga ed onesta carriera e per le ricchezze accumulate. Nella rendita negoziavano banchieri, come Rothschild, Forquet, Meuricoffre e Sorvillo, allora uniti, Gundergchein e molti altri. Tutte le divise estere, delle quali il paese abbisognava, erano per questi, e per altri banchieri minori, lavoro attivo e proficuo, ed ogni ramo del commercio di esportazione trovava presso di essi a collocare le sue tratte, con facile metodo. Perciò la Borsa era frequentata da quanti avevano veramente interessi nei traffici, nella navigazione e nell’impiego di capitali. Per parecchie ore, ma più dalle 2 alle 4 pomeridiane, era affollata e febbrilmente agitata; ed era ritenuta una delle più attive ed importanti d’Europa.

L’uso di vendere merce di raccolti, ancora in erba, aveva dato vita in Napoli ad un gran giuoco; ed attorno alle compre ed alle vendite di genere effettivo, si giocava e si scommetteva