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Dal 1818 al 1861, cioè in 44 anni, sopra operazioni di sconto e di pegno, che giunsero a 712 milioni di ducati, pari a 3 miliardi di lire italiane, cioè in media a circa 69 milioni all’anno, le perdite o sofferenze, come si dice oggi, per cambiali inesigibili, nonchè le restituzioni di somme indebitamente riscosse e tutte le spese, delle quali non si voleva con chiarezza specificare l’indole, chiamate spese considerevoli, ascesero a 649375 ducati, cioè, in media, a poco più di 60 000 lire all’anno. Bisognerebbe consultare il periodo dal 1861 ad oggi, per constatare la differenza spaventosa tra le perdite di allora e le presenti! Allora però contro i debitori morosi si procedeva con l’arresto personale, nel carcere della Concordia.
I beni dei debitori morosi, poichè era rigorosamente proibito al Banco di possedere immobili, si vendevano all’asta pubblica, ma non si potrebbe affermare che fossero sempre aggiudicati a prezzo giusto. La piaga degl’imbrogli nelle vendite giudiziarie è antica nel paese. Molte case furono acquistate a vii prezzo, da don Antonio Monaco, divenuto, da scrivano pubblico, uomo denaroso e amico del Reggente. Il Monaco, che fu anche impresario del San Carlo, lasciò un cospicuo patrimonio, rappresentato quasi interamente da circa cento palazze ’e case.1 Parecchie case le acquistò pure don Andrea de Rosa, ricco assuntore di opere pubbliche, che compro e ricostruì il gran palazzo al Mercatello, che porta il suo nome. Sul conto del De Rosa correvano curiose dicerie. Egli era di Afragola e da giovine aveva fatto il pettinatore di canape. Si disse che dovesse la rapida fortuna alla bellezza della sua persona, che lo fece entrare nelle grazie di una principessa, la quale aveva autorità in Corte, e per cui ottenne importanti appalti, che in poco tempo lo fecero arricchire. Divenne poi barone, benchè fosse quasi analfabeta. Di lui si raccontava ancora che, dovendo riscuotere una forte somma dal governo, e non potendo ottenerla per l’opposizione del ministro competente, ricorse, dopo altre molte astuzie,
- ↑ A Napoli, nel linguaggio dialettale, per dare maggiore importanza alla proprietà edilizia, si suole far precedere la parola palazzo alla parola casa, per far meglio intendere che il palazzo contiene parecchie case, ed è tutto posseduto da un proprietario: al contrario di chi possiede, in un palazzo, un quartiere o quartierino, o piano, o bottega di esso.