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e ricordo pure che il governo esercitava le miniere di ferro in San Donato Val di Comino, e il minerale veniva poi trattato in una magona, espressamente costruita nel territorio di Atina, fra il 1857 e il 1858. Sul Sarno, sull’Irno e sul Sabato erano le fabbriche di cotone, di lino e di lana, fondate da industriali svizzeri, francesi e anche nazionali, le quali prosperavano, unicamente per il sistema protezionista che informava la legislazione doganale del Regno. Il circondario di Sora poteva dirsi la Manchester del napoletano. Insieme alle industrie vi fiorivano i buoni studii, pe’ benefici influssi della storica abbazia di Montecassino e del buon collegio Tulliano di Arpino, che i gesuiti non giunsero mai ad abbattere. Appartenevano a quel circondario Antonio Tari, di Terelle; Ernesto Capocci, di Picinisco; Giustiniano Nicolucci, d’Isola del Liri, oggi professore nell’Università di Napoli, Giuseppe Polsinelli e Angelo Incagnoli, di Arpino, l’ultimo dei quali in gioventù pubblicò alcune lezioni di storia della filosofìa, e fu poi deputato e morì amministratore del Fibreno; Giustino Quadrari, di San Donato Val di Comino, interprete dei papiri ercolanesi, e Giacinto Visocchi, di Atina, morto innanzi tempo per un’infermità contratta in un acquedotto, dove si era dovuto rifugiare, per sottrarsi alle persecuzioni della polizia, della quale era strumento in quel comune un famigerato capo urbano.

Quando con un tratto di penna sotto la dittatura, il protezionismo venne abolito, queste poche fiammelle dell’industria napoletana si vennero via via spegnendo; e solo sopravvissero le poche fabbriche alle porte di Napoli, cioè le concerie di pelli e gli stabilimenti metallurgici, fondati da industriali stranieri, e la fabbrica di vetri al Granatello fondata dal Bruno. Si difesero, anzi qualcuna rifiorì, come la fabbrica di vetri. Pietrarsa invece soggiacque a un destino avverso, e fu vergogna dei nuovi tempi.


Il primo, che scrisse un serio lavoro a Napoli sul taglio dell’istmo di Suez considerato in rapporto ai vantaggi possibili per il commercio napoletano, fu Guglielmo Ludolf. Il Lesseps avea publicato nel 1855 il suo famoso libro: Percement de l’istme de Suez, e nell’anno seguente il Ludolf, che certo avea tenuto presente quella pubblicazione, scrisse nel Museo di scienze e letteratura sullo stesso argomento, quasi con identico titolo. Dopo avere accennato all’idea che gli antichi avevano avuta, di congiungere il