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Le inaugurazioni delle "stazioni di telegrafia elettromagnetica„ erano fatte, da per tutto, con pompa. V’intervenivano le autorità civili, le religiose e le militari; il clero benediceva solennemente le macchine, mettendole sotto la protezione della Madonna o di un santo. Il primo telegramma era un doveroso evviva al Re. Si sceglievano occasioni solenni per le inaugurazioni, come gli onomastici di principi della famiglia reale, o feste di Stato, solennità religiose, e le cerimonie si somigliavano tutte. Il 19 agosto 1858, ebbero luogo le inaugurazioni degli ufficii telegrafici di Procida e Pozzuoli; il 10 novembre, di Otranto e di Trani; l’8 febbraio del 1859, di Molfetta e, nell’ottobre dello stesso anno, di Chieti e di Gallipoli, dove recitò un enfatico discorso il giovane sottintendente Andrea Calenda, poi prefetto del Regno d’Italia e senatore.

La inaugurazione di Molfetta io la ricordo. Venne fatta non nella cattedrale, ma nella parrocchia di San Gennaro, prossima all’ufficio telegrafico. Dal pergamo il canonico Giovanni Panunzio, allora nel fiore di una vita senza requie, recitò un discorso immaginoso. Erano presenti il sindaco, i decurioni, il capo urbano, il console austriaco e il vescovo, monsignor Guida, che si distingueva per il suo pallore sentimentale. H vescovo era circondato dal capitolo della cattedrale e da tutto il seminario, alunni e professori. Panunzio era uno di questi. Egli insegnava filosofia, usando per libro di testo il trattato di don Felice Toscano. Oggi è preside del collegio laico, annesso a quel seminario. La festa di Molfetta ebbe importanza speciale perchè il Re e la Corte erano a Bari, dove, cinque giorni prima, venne celebrato il matrimonio del duca di Calabria; e Molfetta? che invano aveva atteso il Re nell’andare, l’attendeva nel ritorno, per cui era stato costruito sulla spianata, detta del Calvario, un arco trionfale che portava scritto sul frontone: Al Re Ferdinando II, la devota Molfetta.


Segni di nuova vita economica e di un certo risveglio industriale apparivano qua e là, ma non si moveva foglia che il Re non volesse, perchè lui, solamente lui, doveva misurare il grado di benessere dei suoi sudditi e lo misurava, come quello di casa sua, con parsimonia e scarsa luce d’intelletto. Egli amava la prosperità materiale del suo Regno, ma fino a un certo punto; voleva che il suo rifiorimento non avesse nulla da fare con la po-