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detta vermeille, che è in grandissima moda, così non ha avuto luogo prima di questa mattina. Il Re e i principi reali ci sono intervenuti da semplici ufficiali, senz’ordini. Il pranzo è stato brillantissimo, ed il Re ha fatto mostra di una grandissima allegria: ha tolto di testa al cavalier Raffaele Caracciolo la parrucca, e l’ha gettata via: ed avendo nascosto il cappello del duca di San Cesario, indispettito che l’architetto signor Bianchi (il quale vi si trovava per l’architettura del pranzo ed ogni altro necessario divertimento) trovatolo, l’aveva dato al duca, glielo ha tolto di mano e posto nel foco di un braciere; e come gli altri s’ingegnavano a salvare il cappello, egli con una paletta più l’introduceva nel foco, sicchè per infine del tutto è rimasto bruciato. Dopo il pranzo, in un teatro fatto per questa occasione nel giardino del palazzo, vi è stata la recita di una commedia in dialetto napoletano rappresentata dagli attori di San Carlino, perchè la regina sposa avesse cognizione delle grazie di queste nostre commedie. Ed infine due primarie ballerine del teatro di San Carlo, hanno fatto la danza nazionale detta la tarantella. Questo pranzo ha costato al signor Statella più migliaia, ed ora è sicuro che non gli si dirà che per avarizia ricevette dal Re i trecento ducati.}}
Nè finirono qui gli scherzi. Un giorno che il Caracciolo era con altri amici convitato a pranzo presso una nobile famiglia napoletana, il Re saputolo gli mandò un suo messo, e nel punto in cui il pranzo cominciava, fece chiamare di urgenza a Palazzo don Raffaele. Questi immediatamente vi accorse. Il Re lo lasciò sino alla mezzanotte in anticamera, e quando uscì fuori, ridendo a crepapelle, gli disse:„Don Rafè, ai fatto ’u chiuove alla madonna„,1 e lo congedò.
Un altro giorno seppe il Re che la sua vittima andava con alcuni amici a Sorrento. Fece circondare la carrozza da guardie di polizia, che intimarono a tutti l’arresto per ragioni politiche. Ebbero a morirne. Gli altri vennero poco tempo dopo rilasciati, ma don Raffaele fu tenuto due giorni in custodia, e nel terzo giorno il Re gli fece dire: "Don Rafè, isciatienne, ’o Rè t’ha voluto grazià'„.2 Don Raffaele questa volta perdette le staffe, e disse ai due ufficiali ch’erano andati a liberarlo: "Chisse se chiama prurito de c...„, Il Re lo seppe, e don Raffaele ne perdette la grazia.
Negli ultimi tempi gli scherzi si limitarono a risposte argute, ad osservazioni e ammonizioni offensive per chi le riceveva, ma