Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/224


— 208 —

di tisi. Di più, ogni persona abitante negli edifici reali, che fosse attaccata da malattia infettiva, riceveva una sovvenzione, ed era obbligata a sloggiare. Nessuno ardiva parlare di morti a Corte, ed ai convogli funebri era espressamente vietato di passare innanzi alla Reggia, nè il Re visitò mai, negli ultimi tempi, ospedali militari o civili. Dopo l’attentato e dopo il supplizio del regicida, ebbe visioni paurose. Il cadavere del Milano fu sepolto nel cimitero di Poggioreale. Il Re sognò, pochi giorni dopo, che uomini, armati di bastoni di ferro, invadessero di notte il camposanto e, recatisi sul luogo dov’era sepolto Agesilao, ne involassero la cassa e la trasportassero alla darsena per imbarcarla, passando innanzi alla Reggia. E il giorno dopo rivelò il sogno e la polizia corse al cimitero, ma naturalmente trovò che nulla era avvenuto di quanto il Re aveva sognato!

I pregiudizi crescevano con le paure. Egli cercava distrarsi, occupandosi degli affari dello Stato e distraendosi coi figliuoli, ma non era tranquillo. Fosse pungolo di rimorso o sintomo della malattia, che cominciava a invadere l’organismo suo, avrebbe fatta qualunque penitenza per riacquistare la tranquillità dello spirito. Anche le cose politiche non procedevano secondo i suoi desideri e le accuse, che gli erano fatte in Piemonte e in Francia, stranamente lo irritavano.

Ottocento prigionieri politici erano davvero un grave argomento di querimonie e di proteste, da parte del mondo civile, ma non fu che sulla fine del 1858, che egli pensò di disfarsi dei più pericolosi di loro. Il 10 gennaio 1857, venne concluso e sottoscritto un trattato con la confederazione Argentina, per fondare nel territorio di questa una colonia di regi sudditi, condannati detenuti politici, ai quali il Re volesse commutare la pena e permettere, con le condizioni stipulate, l’emigrazione laggiù. Il Re vi avrebbe mandati a sue spese, in varie spedizioni, quanti prigionieri politici volesse e la Repubblica, dal canto suo, avrebbe dato a ciascuno un pezzo di terra, istrumenti da coltivare e cento patacconi in danaro. Ma il trattato, per quanto concluso e sottoscritto, non andò in vigore, perchè, interrogati i prigionieri, pochi soltanto, giovani ed animosi, risposero che per uscir di galera anderebbero dovunque, ma gli altri, i più anziani, energicamente protestarono. È rimasta celebre la risposta di Poerio: "Perchè tanta spesa, egli disse, e tanto inco-