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in Piemonte il marchese Seyssel d’Aix, il conte Filiberto di Collobiano, il conte Solaro della Margherita e il conte Ermolao Asinari di San Marzano.

L’Ordine di San Ferdinando e del Merito aveva il minor numero d’insigniti, sebbene si distinguesse in cavalieri grancroce, commendatori e cavalieri. Grancroci nel Regno erano pochissimi; ricordo i principi di Campofranco e di Cassaro, il marchese di Pietracatella e Carlo Filangieri, al quale il Re mandò le sue stesse insegne nell’ottobre 1848, appena ricevuto il dispaccio che gli annunziava la presa di Messina, con le famose parole: Messina ai piedi del suo Re. Erano commendatori il marchese Del Carretto, il principe d’Ischitella, il maresciallo Lecca e pochi altri, e figuravano tra i cavalieri, fin dal 1860, Ferdinando Bosco, allora capitano; quel generale Ghio che si sbandò nel 1860 in Calabria e che era maggiore; i marescialli di campo Vial e De Sauget; i colonnelli Pianell e Afan de Rivera, i quali ultimi anzi ebbero la croce di cavalieri nel 1848. Della grancroce di San Ferdinando erano insigniti Imperatori, Re e principi di case regnanti e uomini politici celebri: ricordo Vittorio Emanuele e l’imperatore Napoleone, tra i primi; il cardinale Antonelli, Thiers, Guizot e Metternich, tra i secondi; Napoleone III l’aveva in gran pregio e quando indossava la divisa militare, era ben difficile che fra le sue tante decorazioni estere non figurasse la fascia di San Ferdinando.

Nell’Ordine Costantiniano si distinguevano i grancroci, i cavalieri di giustizia, che dovevano essere nobili per quattro quarti; i cavalieri donatori, che al momento dell’ammissione donavano all’Ordine parte dei loro beni; i cavalieri di grazia, per i quali la nobiltà era supplita dal merito; i cappellani onorarii e gli scudieri. C’era un gran priore e un vice gran priore, che presedevano alle chiese dell’Ordine e alla direzione spirituale dei cavalieri. Era gran priore monsignor Naselli; presidente della deputazione, il marchese di Pescara; notaio dell’Ordine, lo scudiere Ruo. Vi era un inquisitore Costantiniano per ognuna delle provincie del Regno. Nel principato Ulteriore erano inquisitori don Crescenzo Capozzi, padre di Michele, deputato di Atripalda, e don Guglielmo de Cesare, abate di Montevergine; a Bari, don Giustino Assenzio; a Lecce, don Pasquale Romano; a Foggia, don Ferdinando Nocelli, e in Abruzzo, il barone Panfilo