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buendo il merito della repressione alle guardie urbane e ad una parte del 14° cacciatori, che avevano mandato in fumo l’abominevole tentativo, diretto a disturbare la quiete di popolazioni pacifiche, devote ed amanti del nostro adorato Sovrano. Ed affermò che "dappertutto si benediva la mano saggia, ferma, energica e paterna del Re N. S.

Delle condanne di morte nessuna fu eseguita e la storia, severa con Ferdinando II, deve registrarlo; ma il Re fu largo di pensioni, di croci, di premi a "quella scalza e miserabile genia di Sanza, alla quale fu detto che gli sbarcati di Sapri avevano le tasche pesanti di oro, e che, nemici del Re, questi avrebbe pagato ogni capo quant’oro pesasse. Prova e ricordo il teschio reciso di Costabile Carducci!„, Sono parole sdegnose del Racioppi. L’intendente Ajossa ebbe un’alta decorazione, e furono anche decorati quasi tutti gì’ impiegati dell’Intendenza, fra i quali Alfonso della Corte, che morì di recente, maestro di ballo nel convitto nazionale di Salerno. Oltre che a Sanza, le elargizioni reali si estesero ad altri comuni dei circondarii di Sala, Vallo e Campagna. Ai militari soltanto furono concesse, fra insegne cavalleresche, medaglie d’oro e d’argento, ben 160 onorificenze; e chi volesse saperne di più e conoscere addirittura i varii beneficii concessi dal Re — piccole largizioni in gran parte, quasi elemosine — e i nomi dei beneficati, legga la cronaca di monsignor Del Pozzo, o la interessante cronistoria della rivoluzione in Basilicata del compianto Michele Lacava.1 Questi è severissimo col Pateras, al quale attribuisce principalmente la causa del disastro. Ma l’esattezza storica vuole si dica, che quelle pensioni, quelle croci, quei privilegi furono petulantemente chiesti, o di rettamente al Re o per mezzo dell’intendente, da tutti coloro che credevano di avervi diritto. Sapri e Sanza oscurarono la fama di Pizzo. Mezzo secolo di maggior imbestiamento morale non poteva non produrre i suoi frutti gloriosi.


Il Regno contava cinque ordini cavallereschi. Avrebbe dovuto tenere il primo posto l’Ordine di San Gennaro, istituito da Carlo III nel 1738, ma, fin dall’aprile del 1800, tornato Ferdinando I dal primo esilio, fondò l’Ordine di San Ferdinando del

  1. Cronistoria documentata della rivoluzione in Basilicata del 1860 e delle cospirazioni che la precedettero, pel dottor Michele Lacava. Napoli, Morano editore, 1895.