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messo in onore il culto, allargati i privilegi del clero, ed associata la religione ad ogni progresso civile. Don Niccola Rocco, che più si tenne lontano dalla politica, scriveva nel suo speciale idioma: "i commerzi (sic), li interni e l’esterni, e le arti e le manifatture, le speculazioni industriali e mercantili d’ogni guisa si posero tutte quante in movimento„, e conchiudeva che sarebbe stata gloria incontrastabile di Ferdinando II d’aver "con fermezza d’animo equale (sic) alla civil sapienza ricongiunte queste due cose, che in tempi pili oscuri si credeano dissociabili, cioè la prosperità delle finanze e il benessere del civil convitto„ . Caruso ripubblicò nella Rondinella tutte queste risposte, ma l’opuscolo di Scialoja lasciò un gran segno.
La spedizione di Sapri turbò forse meno i sonni del Re. Gli effetti dei due avvenimenti nello stesso anno furono ben diversi, e quelli della spedizione assai men duraturi. Il Cagliari, partito la sera del 25 giugno 1857, da Genova, giunse nella rada di Ponza il 27; la sera del 29 avvenne lo sbarco a Sapri; il 30, la banda era a Padula, e il mattino del 2 luglio succedeva l’eccidio di Sanza, nel quale cadeva assassinato il Pisacane. Uno dei protagonisti della feroce repressione fu il maggiore di gendarmeria Liguori, che godeva particolare fiducia di Ferdinando II, fino a sprezzare apertamente l’autorità dell’intendente Ajossa. Nella repressione i principali agenti fecero man bassa sull’oro, sulle armi e sugli oggetti che caddero sotto le loro mani. Il governo, nonostante gli ordini e i richiami, non venne in possesso che di poche armi di nessun conto. In meno di una settimana la tragedia fu compiuta e compiuto il processo in sei mesi. Questo cominciò alla fine di gennaio 1858 a Salerno, e per il numero degli imputati, le sedute si tennero nel locale di San Domenico. Presidente della Corte fa Domenico Dalia, che si mostrò mite; procuratore generale, il Pacifico, zelante, anzi fanatico che, dopo l’interrogatorio dei principali arrestati, si recò a Gaeta, chiamatovi dal Re. Ogni mattina gli imputati erano tradotti dalle carceri alla Corte, in mezzo a grande apparato di forza. Qualunque segno di pietà verso di loro sarebbe stato delitto. A Filippo Moscati che, giovanissimo, assisteva alle sedute, un ufficiale dei cacciatori proibì di ricomparirvi, perchè fu visto dare qualche moneta ai detenuti più poveri.