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sona del Re nostro Augusto Signore, il quale, la Dio mercè, non solo rimase sano ed illeso, ma conservò la calma, la serenità e la imperturbabilità consueta, continuando ad assistere allo sfilar delle truppe, come se nulla fosse accaduto, sicchè non se ne avvidero se non ben pochi dei presenti„. E nel numero del 13 dicembre era scritto: "Il Consiglio di guerra di corpo del 3° battaglione dei cacciatori, procedendo in conformità delle leggi a carico del soldato Agesilao Milano, reo dell’esecrando reato da lui commesso contro la persona del Re, nostro Augusto Signore, lo condannò ieri alla pena di morte col quarto grado di pubblico esempio. La qual sentenza è stata eseguita questa mattina alle dieci e mezza, dopo la degradazione militare, nel largo del Cavalcatolo, fuori Porta Capuana. Il reo, che ha ricevuto a lungo tutti i conforti della nostra sacrosanta religione si è mostrato compunto. L’ordine pubblico è stato perfettamente osservato, e la generale esecrazione ha seguito il colpevole fino al suo estremo respiro„. Ecco l’alfa e l’omega di quello strano e imprevedibile attentato.
La stessa onda di degradazione, che si levò nel Regno fra il 1849 e il 1850 per chiedere al Re l’abolizione dello Statuto, si levò dopo quel fatto. È carità di patria non attingere dagli archivii note così poco .... eroiche, e non esumare gl’indirizzi magniloquenti, nè ricordare le tante deputazioni, le quali sfidando i disagi di un viaggio lungo e di una stagione cruda, si recarono a presentare al Sovrano i rallegramenti per lo scampato pericolo. Quante giamberghe furono sbattute dalla tramontana innanzi alla Reggia di Caserta, e quanti raffreddori e polmoniti! La rettorica dell’alto clero, ma più quella dei gesuiti, fu spesa a magnificare il miracolo fatto dalla Concezione, di cui, l’otto dicembre giorno dell’attentato, ricorreva la festa. Si tennero nei seminarli e nei collegi molte accademie, con musiche e componimenti; ci furono luminarie, tridui di grazia alla Vergine e Te Deum in ogni chiesa del Regno. Primo a darne l’esempio fu l’arcivescovo di Napoli, che con pastorale apposita prescrisse un triduo in tutte le chiese della diocesi. Se Ferdinando II fosse stato il principe più amato dai suoi popoli, non avrebbe raccolto tante dimostrazioni, quante ne raccolse allora. Ma la nota grottesca venne raggiunta dal comune di San Benedetto Ullano, patria di Agesilao Milano, che spedi al Re il seguente indirizzo: