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monio fra il duca di Calabria, che contava ventidue anni e la principessa Clotilde di Savoia, che ne contava quindici. La Stella di Mantova doveva suggerire al Re quest’idea e deciderlo ad attuarla. Alda, dunque, rivolta al marchese di Mantova, declamò queste due stanze, il cui senso, benché ascoso, era chiarissimo e muoveva la principessa di Camporeale a gridar dalle quinte: coraggio, Teresa, ci va della patria!

Ma bada: ai pargoli che vuoi felici
Madre non scegliere fra’ tuoi nemici;
Non vien di borea sui nostri campi
Soave zefiro fecondator,
Ma il torbid’euro, fra nubi e lampi,
Che li diserta nel suo furor.
E fra il tuo popolo scegli una sposa,
Che il fior d’Italia, prence, è la rosa,
Che l’aura imbalsama fiera ed umile.
La rosa simbolo di verità.
Che il verno infuri, che brilli aprile.
Giammai smentisce la sua beltà.

Un fremito scosse tutta la sala, ma il solo che si mostrasse indifferente e quasi inconscio, fu il principe ereditario, il quale durante lo spettacolo tenne quasi sempre gli occhi bassi, intento solo a stropicciarsi le ginocchia. Quei lumi, quella gente, tanta ricchezza di vita non ebbero la virtù di commuoverlo! Il Re parve contento dello spettacolo, ma quando fu finito, levandosi per andar via, disse non senza sarcasmo a voce alta: "Vi che m’ha fatto ’a duchessa stasera!1 E veramente Alda fu l’eroina dello spettacolo, al principio del quale avvenne un incidente imbarazzante. Dimenticando la presenza di Adolfo Rothschild, il Siniscalco, nella seconda scena dell’atto primo, disse al Podestà com’era scritto nel dramma:

. . . . . . . . . . . . . . . è forse
Di minor prezzo la pelle d’un cane.
Che di un giudeo la scorza? ...

Attori e pubblico si avvidero della inopportunità di questi versi, ma quando più rimedio non v’era. Rosthschild finse di non essersene accorto. Della Stella di Mantova, piena di allu-

  1. Vedi, che mi ha fatto la duchessa questa sera!