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Neppure le strenne sfuggivano agli artigli dei revisori. Fra i varii aneddoti e comici incidenti, ai quali la regia revisione dava occasione, ricordo quel che successe al Torelli nel 1853, quando pubblicò per gli associati dell’Omnibus e per il pubblico, una strenna intitolata La Sirena, dov’era la traduzione che il Tancredi aveva fatto di una Orientale spagnuola di José Zorrilla. La poesia conteneva il lamento di un signore arabo, che indarno impetrava amore da una crudele cristiana spagnuola. Il primo esemplare fu, alla vigilia di capodanno, mandato in omaggio al prefetto di polizia. Questi la lesse, ma trovando nell’Orientale espressioni a lui sembrate ambigue, come la mia catena, lo schiavo tuo, prigioniero degli occhi tuoi, angiolo della regione degli aromi, paradiso e simili, montò su tutte le furie contro il revisore e contro il Torelli e proibì la pubblicazione della strenna. Torelli ne fu sgomento. Andavano perduti gli esemplari di lusso, rilegati in velluto e in raso, per il Re, per la Regina, per i ministri e gli alti funzionarii e andava perduta la vendita agli abbonati dell’Omnibus e al pubblico. Ebbe un’idea luminosa: la poesia incriminata occupava due sole pagine d’uno stesso foglio, propose il taglio di quel foglio e la polizia vi consenti, ma volle prima in mano sua tutt’i fogli strappati, e così permise la pubblicazione.
L’esempio era contagioso. Alle strenne, che si pubblicavano nella capitale, facevano riscontro quelle più scadenti delle provincia. Se ne pubblicò una a Chieti nel 1858, dal titolo Il Salice. La mise insieme Ferdinando Santoni de Sio. Quasi tutti gli autori erano abruzzesi. Silvio Verratti, abruzzese egli pure, ne pubblicò nell’Epoca una rivista apologetica, scrivendo, con poca modestia: "Qui in Abruzzo non possono fiorire poeti voluttuosi e molli, ma si vuol porre l’arte in accordo con tutte le altre idee del tempo, con quelle della beltà morale, della famiglia, dell’amore per l’uman genere, e soprattutto con la sincera religiosità e con la filosofia„. E dei poeti abruzzesi, dopo aver ricordato un po’ fra le nuvole il Rossetti, accennò a Pasquale de Virgilii, al Madonna, al Pellicciotti, al Bruni, alla Milli e ad Emidio Cappelli, che l’anno prima aveva pubblicata la Bella di Camarda, novella abruzzese in terza rima, dedicata a Saverio Baldacchini e bellissima per purezza di forma, d’immagini e di reminiscenze dantesche. In questa strenna furono