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di questa tragedia, si disse essere stato involontariamente don Michele Viscusi, allora detenuto in Santa Maria Apparente, ma nessuno vi credette. I maggiori sospetti si fecero sul Nunziante.

Giornalista di qualche talento era don Filippo Girelli, direttore del Poliorama pittoresco, foglio con illustrazioni, poco diverso, rispetto al formato, dall’Iride e dall’Aurora. Le sue ingenue illustrazioni non erano interamente detestabili. Uno degli scrittori più assidui del Poliorama era stato Cesare Malpica, che nel 1841 vi scrisse una vita di Napoleone Bonaparte. E nel 1856, quando morì Giulio Genoino, Luigi Cassitto pubblicò un capitolo picciuso, indirizzato al Girelli, che cominciava cosi:

Don Felì, s’è stutata la lacerna
De lu Prauasso! Genoino è mmuorto,
Sia pace all’arma soja .... requiammaterna!
La lengua, che se parla abbascio Puorto,
Mo vide stencenata! . . . Addio dialetto ....
Chi t’adderizza cchiù? Mo jarraje stuorto!

La morte di Giulio Genoino ispirò a Niccola Sole un bellissimo carme, pubblicato nel primo numero dell’Iride, giornaletto simpatico, redatto da parecchi scrittori di Basilicata, come Achille de Clemente, che ne era il direttore, Giacomo Racioppi e monsignor Santaniello. Saverio Baldacchini, Giannina Milli e Felice Bisazza vi stampavano graziose poesie, Scipione Volpicella epigrafi e articoli di storia napoletana. Carlo Cammarota vi pubblicò, nel febbraio del 1858, una poesia finamente umoristica, in morte del celebre cantante Alamirè pseudonimo del Lablache, che mori a Napoli in quel tempo e fu accompagnato al cimitero da uno sterminato stuolo di marsine, mentre le salme degli uomini di valore, soprattutto se sospetti di liberalismo, vi erano menate a lume spento. Indirizzandosi a Carlo Troja, che viveva modestamente e quasi ignoto al mondo ufficiale, il giovane poeta ebbe accenti sdegnosi e ispirati, tra i quali piacemi riferire questi:

Carlo, tu che di sapienza i lumi
Porti angosciato nelle età più fosche,
E sul lezzo di rancidi volumi
Stai curvo il dorso e le pupille losche,
Che cale a noi dei gotici costumi,
Della trama, che al ragno ordir le mosche,
Dell’acciuffarsi delle due befane
E dei latrati dell’ascoso cane? . . .