Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/133


— 117 —

preti di firmarlo, essendo un affare che riguardava la loro coscienza. Il Re non seppe che rispondere a un ragionamento così logico, e parve anzi che approvasse la condotta del vescovo; ma quando questi fu andato via, si racconta che dicesse: "Vi che mme fa ’o parrucchiano ’e san Paulo!1 Il Mucedola era parroco di San Paolo presso Sansevero, quando fu assunto al vescovado per il favore del marchese Lagreca di quella terra, lontano parente dei Lagreca di Polignano a mare. Il Re se la legò al dito e monsignor Mucedola fu dei pochissimi, che non ebbero mai onorificenze; anzi nel 1859, in occasione del matrimonio del principe ereditario, avendo assistito in Bari alla benedizione nuziale con gli altri vescovi della provincia, fu il solo, tra questi, non decorato della croce di Francesco I. Erano anche miti pastori il De Bianchi, arcivescovo di Trani, e il Guida, vescovo di Molfetta.

Contrastavano in Terra d’Otranto monsignor D’Avanzo a Castellaneta, prepotente, violento, quasi birro in paonazzo, morto cardinale e vescovo di Teano, e quel buon monsignor Caputo di Lecce; e contrastavano in Basilicata monsignor Di Macco, arcivescovo di Matera e Acerenza, che Ferdinando II chiamava, per ironia, il Ghibellino, e monsignor Acciardi, vescovo di Tursi e Anglona, famoso per il suo spirito reazionario e poliziesco. Monsignor Di Macco, nativo di Gaeta, molto si adoperò a beneficio dei perseguitati politici e non sottoscrisse, neppur lui, la petizione per abolire lo Statuto. Mite e non del tutto avverso al progresso civile, era monsignor Pieramico, vescovo di Potenza. E contrastavano in Capitanata monsignor Taglialatela, vescovo di Manfredonia, sapiente prelato, e monsignor Javarone, vescovo di Candela e Cerignola, già confessore del Re, terrore dei laici, inframmettente e intransigente. Egli stesso confessava i seminaristi per sorprenderne alcuni segreti e incuteva tanta paura, che il seminario si chiuse, perchè nessuno volle più andarvi. Monsignor Javarone morì nel 1855 e gli successe monsignor Todisco Grande, non carne, nè pesce. Due prelati di Andria occupavano le diocesi di Foggia e di Lucera: monsignor Frascolla, la prima e monsignor Jannuzzi, la seconda; amendue devotissimi al Re, ma d’indole diversa, perchè Jannuzzi era

  1. Vedi che mi fa il parroco di San Paolo!