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al palazzo d’Avalos. Villamarina, giunto nel febbraio del 1860, andò a stare al palazzo Strongoli, e nell’estate successiva, a Villa Tommasi a Capodimonte.

Il Nunzio aveva sede nel suo palazzo, in piazza della Carità; il ministro d’Austria abitava il palazzo Strongoli alla Riviera; i ministri di Francia e di Russia alla Ferrandina; Temple, al palazzo Policastro; Bermudez, al vecchio palazzo Esterhazy alla Riviera, e al palazzo Francavilla, l’incaricato interino di Svezia e Norvegia. La Turchia non aveva rappresentanza a Napoli, mentre Napoli l’aveva a Costantinopoli.


Introduttore degli ambasciatori e primo cerimoniere di Corte era don Alfonso d’Avalos, marchese di Pescara e Vasto. Pietrantonio Sanseverino, principe di Bisignano, era maggiordomo maggiore; il duca di San Cesario, Gennaro Marulli, cavallerizzo maggiore; il duca d’Ascoli, Sebastiano Marulli, somigliere del corpo; monsignor don Pietro Naselli, cappellano maggiore; il principe di Campofranco, Antonio Lucchesi Palli, maggiordomo maggiore onorario. Il marchese D’Avalos, stimato il più ricco signore del Regno, dopo Barracco, era sopraintendente generale degli Ordini mendicanti. Cavalieri di compagnia, il duca Riccardo de Sangro e il conte Giuseppe Statella. Fra gentiluomini di camera, maggiordomi di settimana e gentiluomini di entrata, brillava a Corte quasi tutta l’aristocrazia napoletana e sicula.

I gentiluomini di camera di entrata, e i gentiluomini di camera con esercizio, si chiamavano anche chiavi d’oro, perchè solevano portare sull’abito, come distintivo della loro carica, dentro piccolo ed elegante sacchetto, una chiave d’argento dorato, per indicare che essi potevano entrare dappertutto nella Reggia. Sulla chiave si leggevano incise le iniziali: V. R. S. che significavano Vitae Regis Securitas.

Erano quasi tutte cariche onorifiche non così quelle degli aiutanti generali del Re. Tra questi figuravano in primo luogo i fratelli di lui: il conte d’Aquila, col grado di vice-ammiraglio e il conte di Trapani, col grado di brigadiere. Nelle feste e nei conviti di Corte, nei ricevimenti ufficiali e nei baciamani, i gentiluomini di Corte, i maggiordomi e i gentiluomini di camera avevano, naturalmente, il primo posto dopo i sei altissimi dignitarii. Con tutti, ma principalmente coi capi di Corte, il Re usava con