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matici napoletani, privi di autorità, si sfogavano in lettere intime con persone di fiducia. “Sono anni che prego, che insisto, che prevedo, che guardo attentamente l’avvenire, scriveva il Petrulla al Versace, ma non si è creduto darmi ascolto; speriamo che mi sono ingannato e che m’inganno ancora adesso„. Paolo Versace era capo di ripartimento al ministero degli esteri e più volte era stato adoperato in missioni diplomatiche. Aveva fama di negoziatore avveduto. A lui scriveva pure il Petrulla, nell’ottobre del 1856: “ricordiamoci che noi siamo soli, e che nessuno ci aiuterà„. Ma Ferdinando II credeva che bastasse giuocar di astuzia con le potenze. Era persuaso che, nonostante la rottura dei rapporti con la Francia e l’Inghilterra, non potesse mancargli l’appoggio della prima, per paralizzare le influenze inglesi nel Regno, e lo fece dire a Napoleone dai due delegati che mandò a Parigi, dopo l’attentato di Orsini, e che furono il principe di Ottajano e il Versace stesso, ai quali diè istruzioni categoriche in questo senso, anzi le dettò lui al Versace, in Gaeta, la sera del 23 gennaio 1858. In verità il Re era talmente infatuato della sua potenza, che non temeva pericoli. Fu in quell’occasione che mise fuori il suo motto: "essere il Regno protetto, per tre quarti, dall’acqua salata, e per un quarto dalla scomunica„. Era poi convinto di dover vivere eternamente, e questa convinzione contribuiva a non dargli nessuna coscienza o visione del pericolo. In sostanza, il suo governo, sordo ad ogni voce amica, aveva perduta ogni simpatia, nel mondo civile.
I posti di vedetta erano Torino e Parigi, affidati ai due ritenuti più capaci, Emiddio Antonini e Giuseppe Canofari. Antonini rivelò sagacia, informando il Re di quanto si compiva nel Congresso di Parigi, rispetto alle cose d’Italia e soprattutto delle Due Sicilie, e consigliandolo a non disprezzare gl’inviti di Francia e d’Inghilterra, che chiedevano trattamento più umano per i prigionieri politici e politica più conforme allo spirito del secolo. Il Re non diè ascolto, e quando le relazioni diplomatiche furono rotte, l’Antonini e il Carini ebbero l’ordine di trasferirsi in congedo a Bruxelles con le rispettive legazioni e di aspettare colà le ulteriori istruzioni.
Antonini era piccolo di statura ed essendo sordo, faceva uso di