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rabili nei vescovi e nello stesso monsignor Apuzzo, il quale, al Turiello che un giorno gli ripeteva, con maggior calore del solito, le sue proposte, battendo amichevolmente con le mani sulle ginocchia, rispose: "Non tanta istruzione, non tanta istruzione, caro don Peppino„. Nè di minori sospetti erano circondati i rarissimi asili d’infanzia.
Presidente del Consiglio di pubblica istruzione era don Emilio Capomazza, consultore di Stato, uno dei tipi indimenticabili di quel tempo, perchè ad una vasta cultura canonica univa uno spirito volterriano, insofferente d’ogni inframmettenza del potere ecclesiastico nelle cose civili ed era giannonista implacabile. Avversava i gesuiti, e non erano infrequenti i conflitti con la Compagnia e coi suoi protettori, che avevano radici in Corte, non nell’animo del Re, il quale li temeva più che non li amasse e non poteva tollerarne l’invincibile tendenza all’intrigo politico.
Don Emilio, come il Re lo chiamava familiarmente, aveva abitudini curiose. Innanzi tutto, pur essendo molto ricco, era altrettanto avaro, ma d’una avarizia più stravagante che sordida. Se ai figliuoli lasciava mancare qualche volta il necessario, quando morì essi trovarono infilzate ad un uncino non so quante polizze dei suoi stipendi, le quali da anni non riscoteva. I figli e la moglie avevano per lui un sentimento di affetto misto a terrore. Abitava nel suo palazzo al vico Nilo; ma quasi ogni giorno, uscendo dall’ufficio, andava in un carrozzone caratteristico nell’altro suo palazzo all’Arco Mirelli, dove, vestito così com’era, prendeva una zappa e per alcune ore lavorava nel giardino. In quelle ore a tutti era vietato di entrare, ma gl’inquilini si divertivano un mondo, vedendo il vecchio consultore zappare la terra. La vita di Emilio Capomazza che morì molto vecchio, dopo il 1860, meriterebbe uno studio e sarebbe desiderabile che se ne occupasse qualcuno dei nipoti. Dei figliuoli, il maggiore fu Carlo, morto prima del padre, essendo consigliere di Corte d’appello. Se oggi fosse vivo, occuperebbe uno dei più alti posti in magistratura, tanto era egli stimato per la dottrina giuridica e l’anima di galantuomo. Carlo fu padre di Emilio, presente marchese di Campolattaro e già sindaco di Napoli, e di Guglielmo, che fu aiutante di bandiera di S. A. R. il duca degli Abruzzi.
Il nome del vecchio Capomazza si legge nell’ultima pagina