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cenza professionale, onde non v’era bisogno che gli studenti dei primi anni si recassero a Napoli. Era ciò molto economico per le famiglie. Nella smania demolitrice che seguì al 1860, quegl’insegnamenti si andarono via via abolendo, mentre assai miglior partito sarebbe stato perfezionarli e renderli completi, per non agglomerare tanta moltitudine di giovani a Napoli.
Accanto all’Università fioriva l’Almo Real Collegio dei Teologi, istituito da Ruggiero, onorato e privilegiato da Giovanna II e da Alfonso d’Aragona, ed arricchito di grazie da diversi Papi. Spettava ad esso conferire la laurea in teologia ed esaminare i libri che si davano alle stampe; ed erano i suoi membri consultati come teologi di Corte. Abolito nel 1812, rivisse nel 1821 e in parte riebbe gli antichi privilegi; ma il conferimento delle lauree, dopo che fu riordinata l’Università e istituita la facoltà teologica, venne delegato a questa facoltà con l’intervento di quattro maestri dell’Almo Collegio. Questo dava pure dei saggi con dissertazioni sopra i problemi religiosi, che l’eresia e l’ignoranza negavano o mettevano in dubbio. Primo maestro onorario, il Papa; primo maestro partecipante, l’arcivescovo di Napoli; decano perpetuo, monsignor Code; vicedecano, monsignor Salzano e maestri onorarli, i cardinali Macchi, D’Andrea, Cosenza, Cagiano e Antonelli.
Tutto il Collegio aveva 48 maestri, dei quali, 32 appartenevano al clero secolare e 16 al regolare, cioè 4 per ogni ordine mendicante, e perciò esclusi i gesuiti.
L’insegnamento elementare limitatissimo, così in Napoli, come nelle provincie. Fino al 1860, Napoli non ebbe che quattro scuole municipali gratuite e che scuole! Era preposto all’insegnamento elementare di tutto il Regno, don Giuseppe Turiello, un gran galantuomo, padre di Pasquale e fratello di Vincenzo, direttore dell’Omnibus. Come di questi due fratelli, uno si chiamasse Turiello e l’altro Torelli, sarà bene dirlo. Erano originarli di Basilicata e andarono a Napoli, giovanissimi. Un terzo fratello che si chiamava Aniello, trovando insopportabile la cacofonia del suo nome col cognome Turiello, cambiò questo in Torelli: sostituzione che Vincenzo accettò di buon grado, ma Giuseppe respinse, volendo rimanere Turiello. Egli si adoperava ad aumentare il numero delle scuole nelle provincie, ma trovava ostacoli insupe-