Pagina:La fine di un regno, parte III, 1909.djvu/76


— 66 —

cero, che io credeva poter attendermi dalla popolazione Napoletana. Le dimostrazioni officiali e richieste dal dovere non mancarono certamente; ma quelle del cuore, vorrei andare errato, fecero assolutamente difetto.

Questo stato di cose mi indusse maggiormente a credere che in Napoli e nel Regno se non vi è la rivoluzione materiale degli atti, ferve grandemente la rivoluzione morale degli animi.

Oggi si fece nel Consiglio stesso di guerra l’arresto di un gendarme, e si ordinò quello di un altro soldato, perchè coi medesimi aveva avuto corrispondenza con lettere il soldato Milano.

Questo fatto fa temere che vi siano forse altri complici: è opinione generale però che il fatto è isolato, e che nessuno dei suoi compagni ebbe conoscenza del disegno del Milano.

Per la popolazione di Napoli è gran ventura che l’autore del tentato delitto sia un militare, imperocchè se altrimenti fosse stato, la polizia avrebbe operato un numero sterminato di arresti e nessuno avrebbe potuto più viver tranquillo.

Questa osservazione corre per le bocche di tutti ed a parer mio ha grande significato.

L’animo resta compreso di orrore e di raccapriccio pensando al caso di una orrenda disgrazia. Le truppe senza ordine e disciplina si sarebbero forse battute fra di loro; i lazzaroni sfrenati sarebbero corsi alle stragi ed al saccheggio, e nessuno si sarebbe trovato in quel momento atto a prendere il governo della città e dello Stato. Mancando il Re, nel quale solo si concentrano tutti i poteri, e dal quale solo partono gli ordini che reggono l’edifizio sociale di questo paese, un cataclisma universale sarebbe stato la immediata conseguenza di quel terribile avvenimento dal quale Iddio volle salvo S. M. e la nazione.

In questo momento mi vien recato l’annunzio che l’infelice Milano fu giustiziato alle ore undici. Si sperava che S. M. avesse fatto la grazia, ma trattandosi di un soldato, il Re non avrà creduto di poter far uso della più bella prerogativa di un Sovrano, cioè della clemenza.

Possa il modo miracoloso con cui venne salvato S. M. inspirargli saggi consigli, e fargli conoscere che i più acerrimi nemici sono quelli che gli si professano più devoti.

Or che la giustizia degli uomini ha avuto il suo corso, io faccio voti che la punizione di questo orrendo misfatto non ricada più su di altre vittime, ma disgraziatamente temo che l’armata sarà la prima a risentire gli effetti di una più terribile recrudescenza nelle misure di pressione e di rigore. Ho già dei dati per credere fondato il mio timore, ma per ora amo meglio sperare nella bontà dell’animo di S. M. Siciliana.