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come la sua famiglia appariva conscia del suo progetto di servire e di non entrare nella Gendarmeria, ha egli loro esposto che prendeva servizio militare per porsi al coperto delle vessazioni della Polizia, e di non voler esser gendarme, perchè il gendarme è obbligato di giurere di arrestare richiesto anche il suo proprio padre e la sua propria madre, sicchè egli si sarebbe esposto a divenir spergiuro. Molte poesie si sono ritrovate presso il reo. Egli era assai colto e si divertiva unicamente di letteratura. Tutte queste poesie vennero lette in pubblico, meno alcune che il relatore chiamò oscene, e che egli si affrettò a far dichiarare amorose, perchè versi d’innocente amore ad una donna, di cui sembra che avesse avuto un ritratto. Una poesia, Esortazione di un Capo di corpo ai suoi soldati parlava di onore e di amor d’Italia.

In una lettera di donna si rinvenne una ciocca di capelli; la lettera era firmata.

Il Milano ha dichiarato che i capelli non appartenevano alla lettera; esservi stati posti per inavvertenza.

L’avv. Barbatelli ha cercato farlo dichiarare monomaniaco; la sua difesa è stata abilmente presentata. Dopo di essa, il presidente ha richiesto al reo se avesse ad aggiungere altro. No (ha egli risposto) Il mio difensore ha fatto quanto poteva. Il sepolcro mi aspetta ed io vi scenderò fra poche ore, E continuando: Lo sapeva. Io non sarò più che un reietto per voi pure j; ma vi prego di far giungere ai piedi del Sovrano l’umile preghiera di visitare le sue Provincie, per vedere a che son ridotti i suoi sudditi.

Il Consiglio di guerra ha condannato il Milano alla morte col quarto grado di pubblico esempio, cioè al laccio sul patibolo. Il condannato deve esservi condotto a piedi nudi, vestito di nero, con un velo nero sul volto, su di una tavola con piccole ruote ed un cartello sul petto, ove a lettere cubitali sta scritto: L’uomo Empio.

Mi venne detto che durante otto ore il reo Milano sia stato torturato; ma io non lo so di fonte certa.

Mi dilungai forse troppo su questi ragguagli, ma stimai conveniente il farlo, onde Vostra Eccellenza fosse esattamente informato di ogni minima particolarità attinente a questo terribile attentato. I giornali per fermo non mancheranno di fornir sul medesimo erronee e mendaci informazioni.

Il Consiglio di guerra fece dignitosamente il suo dovere; io mi astenni dall’intervenire all’adunanza, ma da persona degna di fiducia che di tal favore richiesi, fui d’ogni cosa ragguagliato.

Non vi è dubbio che ogni anima onesta sente il più profondo ribrezzo per l’atto iniquo del soldato Milano, ma con grande mia sorpresa cerco invano lo scoppio di quell’entusiasmo spontaneo e sin-