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Colonnello Ribotti, e che si era due volte battuto a Spezzano Albanese contro le Regie Truppe; che sin da otto anni cioè dal momento in cui il Re aveva definitivamente spergiurato distruggendo a colpi di mitraglia la Costituzione da Lui solennemente giurata, aveva concepito il progetto di uccidere il Re; che a questo fine uscito alla coscrizione, non aveva voluto riscattursi col cambio, siccome la sua agiata famiglia voleva fare — che venne in Napoli vestito da contadino — e fingendosi quasi idiota per evitare la possibilità di essere ammesso nella Gendarmeria Reale, e quindi allontanato dalla Capitale, dove sperava poter consumare l’infando delitto; che ammesso in fine nel 3° battaglione Cacciatori, aveva sempre cercato l’occasione propizia, e che presentatasi quella del giorno otto, si era già fin dal giorno innanzi munito di una capsula, che stava già nel fucile e di una stagnarola (cartuccia di latta usata nell’armata Napoletana per caricare subito in casi estremi il fucile non essendovi mestieri di adoperare la bacchetta) — che non aveva potuto stante l’ispezione fatta all’uscir del quartiere caricarlo con detta stagnarola, e che però l’aveva nascosta nella sua giberna per servirsene sul campo — che difatti aveva cercato di farlo, ma ne era stato impedito e che quindi aveva dovuto rinunciarvi e ricorrere al sabre baionette posta sul suo fucile; che si riconosceva autore dell’attentato e ripeteva non aver contro S. M. nessuna ragione di odio o di vendetta particolare, ma averlo fatto per essere ai suoi occhi il Re un tiranno da cui doveva liberarsi la nazione.

Tutte queste accuse di premeditazione vengono solamente dalla stessa sua deposizione da lui scritta e sottoscritta, non essendovi nessun’altra prova sia di documenti che di testimoni.

Nell’atto di accusa si sono solennemente rettificati due errori in cui era incorso il Giornale Officiale del 9 dicembre. Il Milano non era già stato espulso dal Collegio Italo-Greco per cattiva condotta. Questo Collegio, situato a San Benedetto, era stato sciolto ai principi del 48 perchè in presenza delle politiche complicazioni i parenti avevano ritirato i loro figli. Lo male arti e gli inganni, con cui si pretendeva che il Milano sì fosse introdotto nell’esercito non esistono.

Il Milano fu regolarmente ascritto perchè uscito dalla coscrizione.

Tutti i superiori è compagni del battaglione han testimoniato solennemente in pubblico, che il Milano aveva serbata la più esemplare condotta durante gli otto mesi di servizio, e che era citato come modello.

Alcune lettere trovate addosso a lui o nella sua cassa potevano in qualche modo e lontanamente compromettere altri. Egli sì è affaticato di allontanare da loro qualunque accusa di complicità. E sic-