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pietoso Monarca (D. G.) di essere stato obbligato ad accettare la rappresentanza del Comune di Ravanusa mia patria dopo di essermi negato per parte del Comitato in detta mia comune istallatosi, e finalmente dopo quattro mesi di essere stato a mio malincuore spettatore delle scelleratezze e prepotenze di pochi demagoghi che sfortunatamente reggevano per allora i destini di questo Regno, abbandonai Palermo, e fui dichiarato dimissionario volontario, ed altri invece mia eletto.

Vincenzo Di Tiglia, Barone di Grianano. Dichiaro che allorquando firmai l’Atto di Decadenza fu per semplice errore d’intelletto, e mai per prevaricazione d’animo.

Achille Paternò, Marchesino Spedalotto, qual procurator di mio Sig. Padre Marchese di Spedalotto, come per procura privata del 21 dicembre 1849 data in Malta.

Giuseppe Gage. Dichiaro che il sopra indicato Atto del 13 aprile fu proclamato alla mia insaputa e a sorpresa in modo da non potersi dar luogo discussione alcuna: perciò non vi prestai giammai sentito il libero consenso. Questa dichiarazione è un omaggio alla verità, alla M. V. (D. G.) e Dinastia.

Giuseppe Mantegna.

Francesco Accordino. Nel soscrivere l’Atto in parola non fo che appagare i miei desideri, poichè io non amava di farsi alcuna novità per la Dinastia Borbonica, sì che ebbi la fermezza di proporre in uno dei miei scritti pubblicati per le stampe che fosse sostenuta la Dinastia regnante, e ciò il maggio 1848, tempi in cui niuno osava senza grave rischio della vita di esternare tai sentimenti di moderazione e di attaccamento al Re.

Canonico Anselmo Gatto.

Francesco Marletta qual Deputato distrettuale nella Camera dei comuni eletto da Catania. Non sottoscrissi l’iniquo decreto della tenebrosa sera del 18 aprile per la Decadenza.

Giuseppe Catalano. Dichiaro che l’Atto di Decadenza del 13 aprile 1848 avvenne con mia sorpresa, e mio malgrado, e lo ritratto pienamente.

Francesco Gravina, Detesto e disdico l’infame Atto della Decadenza firmato colla forza mentre in cuore