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altre guardie nazionali stessero appiattati nei pressi della piazza, onde sorprenderia ed assaltarla, tirarono incessanti cannonate in tutte le direzioni del raggio. Ma avvenne poi che per una fortunata eventualità il giorno 14 dalla nostra piazza fu vista molto accostarsi nella rada la flotta italiana del Persano, il quale correva ad Ancona per espugnarla. Questa circostanza determinò nella Guarnigione un panico fra i soldati principalmente, i quali decisero di mandare a Chieti, dove noi pescaresi ci trovavamo nella miglior parte, un uffiziale come parlamentario, un certo Utrech, a domandare dalla Tesoreria provinciale ducati 3600, promettendo che, avendoli, si sarebbero sciolti. Non dico le ripugnanze che avvennero colà a facilitare la richiesta, e scongiurare mali maggiori. Il tesoriere volle un verbale firmato indicandovisi l’indeclinabile necessità che si affacciava, ma mi pare che noi soli pescaresi lo firmammo a garanzia del Tesoriere.

Quando tornò l’uffiziale a Pescara coi denari, trovò che il panico dei soldati era tanto cresciuto che senza aspettare il suo ritorno sì erano già quasi tutti sbandati dalla piazza, onde raggiungere in diverse direzioni i loro paesi. Pochi aspettarono il denaro che venne, come poi mi dissero, distribuito ai rimasti, e che fu anche restituita una piccola somma al Sig. De Cesaris di suo uso pel viaggio, e che aveva volontariamente anticipata.

Dopo questi avvenimenti, il De Cesaris, liberato dal Carcere militare, venne la sera del 15 a Chieti con veste di Governatore della Provincia alla quale forse fu elevato per dispaccio del governo dittatoriale di Napoli. Immediatamente egli convocò quanti pescaresi di di guardia nazionale eravamo colà, e ci ordinò di partire in armi subito per occupare la piazza di Pescara, sgombra già dai soldati della guarnigione. Obbedimmo allegramente e ci mettemmo nella stessa notte in marcia nel numero esiguo di una ottantina, sebbene potessimo attenderci pericolosi agguati dalla truppe sbandate che fuggivano. Non vi furono incidenti, e verso l’alba del 16 settembre ci trovammo in riga in una piazza della Città. Si procedè subito a raccogliere tutto ciò che era stato dissipato dai soldati, armi, vestiario ecc., che furono riposti nei magazzeni militari. Non appena giungemmo ci si presentarono ufficiali superiori, che, temendo di rappresaglie nel loro cammino per raggiungere la truppa raccolta a Gaeta e dintorni da Francesco II, domandavamo da qualche autorità un salvacondotto, che fu loro dato. Uno di essi il Maggiore Pirelli, esclamò: “Ecco qua, con la vostra condotta avete fatto dissolvere una bella truppa„, gli rispondemmo “essere effetto della indisciplina e del disordine dei soldati che ci obbligarono a porre in salvo le nostre vite„.

Ci dissero che quegli uffiziali andarono subito a Gaeta per giustificare al re la perdita della piazza di Pescara, ed è evidente che