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e la costituzione del governo provvisorio, si faceva invito agli Uffiziali della Guarnigione di fare adesione al nuovo ordine di cose. Nella incertezza e perplessità che dominò subito il Corpo Militare, fra coloro animati dal patrio sentimento che volevano affrettare l’adesione, e coloro più pochi che conservavano affetto alla Dinastia, sorse alquanta confusione che scosse la disciplina della bassa forza. Questa cominciò a tenere in diffidenza i propri superiori ed a girare a gruppi armati di fucili e daghe, per le vie della Città, non senza minacciare in modo ben comprensibile la popolazione, che vigile 08servava e s’impensieriva dello incomposto movimento dei militari.
Onde provvedere alla incolumità generale delle principali famiglie della Città, si pensò di emigrare nei luoghi vicini, e la popolazione tutta patriottica, ne segul l’esempio, di modocchè fra il giorno 8 al 12 settembre forse qualche paio di centinaia di pescaresi soltanto rimasero nelle loro abitazioni.
Questo provvedimento necessario per la propria vita, se non per l’incolumità delle private sostanze, irritò i militari rimasti fedeli, poichè gli Uffiziali patriotti abbandonarono subito la Piazza, correndo a Napoli per affrettare la richiesta adesione. L’irritazione crebbe fino al punto che le sentinelle di servizio tiravano delle fucilate a quei cittadini che dissimulavano alla meglio la loro partenza.
Verso le ore 10 dell’11 o 12 settembre fu di passaggio il Sig. Clemente De Cesaris, liberato quale condannato politico dal bagno penale, e conosciuto anche dai militari per i suoi sentimenti liberali. I soldati tumultuariamente lo rincorsero sullo stradale allorchè ripartiva, dopo essersi alquanto fermato in città, e lo condussero prigioniero al Comando di Piazza, poi in carcere fino al sabato 15 settembre. La presenza di costui, e la emigrazione di quasi tutti i pescaresi, che nel 12 aumentò di molto, accrebbero ancora l’irritazione e fecero sospettare che i cittadini fossero andati a riunirsi con altre guardie nazionali per assaltare la Piazza. Seguirono tre o quattro giorni di pericoli, minacce, perplessità di ogni genere. I Zappatori che alloggiavano fuori il maschio della Piazza si sollevarono al grido di: “Viva il Re„; provarono di gittare al fiume l’uffiziale del Genio Forti di servizio, e istigati da alcuni contadini abitanti in campagna, che si univano a loro, con armi, utensili e sacchi, irruppero verso la principale Porta di entrata della destra sponda. Ma il 12° Cacciatori, che vi era a guardia, chiuse e difese la porta, impedendo così l’entrata alla città ed il minacciato saccheggio. Questo fatto risultò a grande onore di quel Corpo, i cui elementi non erano viziati come in altri, perchè composto di reclute.
La notte del 12 e quella successiva del 18 la Guarnigione, sempre in tumulto e compresa dal ridicolo sospetto che i pescaresi ed