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luogotenente, per salvar la vita a quei due. Quindici giorni dopo la rivolta di Mezzoiuso, era avvenuto a Napoli l’attentato di Agesilao Milano, che si credette organizzato da una setta potente di rivoluzionari; e però, insensibile il Re alle istanze di coloro che lo consigliavano di salvare la vita al soldato calabrese, non volle saperne di far la grazia al Bentivegna, anche perchè questi, già deputato nel 1848, era fuggito a Genova e ne era tornato a istigazione del Mazzini, per ritentare quella rivolta che non gli era riuscita nel 1853. S’imponeva l’esempio, e si passò sopra a tutte le forme, sino al punto che il Cassisi, per mezzo dei suoi fidi, ne fece cadere la responsabilità sulle autorità di Palermo, asserendo di avere lui altra volta protetto il Bentivegna e fattolo condannare al confine. Si disse pure a Napoli che, perchè la regia clemenza non salvasse il Bentivegna, si era fatta conoscere al Re la condanna dopo che era stata eseguita. Cosi affermarono gli scrittori borbonici, e questo fu il motto d’ordine della diplomazia napoletana, perchè la fucilazione del barone Bentivegna, per la posizione sociale di lui, per i suoi legami col partito mazziniano e per l’infamia veramente unica della procedura, produsse enorme impressione in tutta Europa. Gli esuli siciliani, che erano in Piemonte, indussero il Brofferio ad accusare, nella tornata del 15 gennaio 1857, il conte di Cavour di non aver fatto nulla per impedir quell’eccidio. "Come si è corrisposto — esclamava il Brofferio — agli italici entusiasmi? Udite! Insorgeva la Sicilia, prima sempre nel magnanimo arringo, e i ministri stettero con le mani conserte e il ciglio asciutto a vedere le palle soldatesche rompere il petto del prode Bentivegna. Se una nave del Piemonte fosse stata spedita nelle acque di Messina, almeno a tutelare i nostri concittadini là dimoranti, che ne avevano il diritto, la vista della nostra bandiera avrebbe confortato quel generoso popolo nei pericoli e nelle battaglie. La nave non comparve; e immobili e muti, abbandonammo quei generosi al cannone degli Svizzeri e alla mannaia del Borbone! ... E i nostri consoli, che facevano? Non spedivano appunti al nostro governo su quanto avveniva laggiù? I nostri consoli facevano voti per la vittoria del Re di Napoli; il console di Messina calava sul Miseno per bere coi soldati borbonici alla salute del tiranno, anzi, nelle sere in cui si facevano le luminarie ordinate dalla polizia, il