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CAPITOLO III
Il principe di Satriano studiava per la Sicilia un piano di riforme economiche, delle quali doveva essere fondamento la viabilità. Le provincie erano separate da distanze assurde. Si viaggiava a dorso di bestie, e quando i fiumi e i torrentacci erano in piena, non si viaggiava punto. Da Catania a Palermo occorreva un cammino di quattro giorni, con tappe ad Adernò, Castrogiovanni e Roccapalumba; nè la polizia garantiva la sicurezza del viaggio, se di notte. Da Catania a Messina ci volevano non meno di due giorni, e le tappe erano Giarre, Alì e l’osteria della "zia Paola„, che ancora esiste, ed era allora esercitata da un vecchio bandito, e perciò non vi si andava che in compagnia e bene armati. Ed erano questi i viaggi più solleciti e più sicuri, essendovi strade regolari, costruite non molti anni prima. L’accesso a porto Empedocle, il grande caricatoio degli zolfi, ben difficile e pericoloso. Alcuni porti non avevano fari, altri avevano approdi insicuri, e non un solo chilometro