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cose del regno. Lo consigliò a non mutare l’indirizzo di governo nelle sue linee generali, gl’impose ancora una volta di non allearsi con l’Austria, nè col Piemonte, e di non farsi prender la mano dalla rivoluzione; gli parlò di Filangieri, come della persona sul cui ingegno e coraggio poteva far se curo assegnamento, ma solo nei momenti perduti, quando ogni altra risorsa venisse a mancare; e conchiuse col dettargli con molta chiarezza mentale questo testamento, che è ben probabile fosse stato già predisposto.
“Raccomando a Dio l’anima mia, e chiedo perdono ai miei sudditi, per qualunque mia mancanza verso di loro, e come sovrano e come uomo.
“Voglio che, eccetto le spettanze matrimoniali alla regina, e gli oggetti preziosi con diamanti al mio primogenito, si facciano della mia eredità dodici uguali porzioni: vadano una alla regina, e dieci ai miei dieci cari figli. La dodicesima, a disposizione del primogenito, stabilisca messe per l’anima mia, suffragi ai poveri, e restauri e costruzioni di chiese nei paesetti, che ne mancassero, sul continente e in Sicilia.
“I secondogeniti entreranno in possesso, compiuti gli anni trentuno; sino al qual tempo, ancorché fossero coniugati, staranno a spese della Real Casa. Ciascuna quota di secondogenito sarà a vincolo di maggiorato; e ove s’estingua, torni a Casa Reale.
“Delle quattro porzioni delle femmine voglio da ciascuna si tolga il terzo, il resto sia loro proprietà extradotale, con vincolo d’inalienabilità; e se, maritate, finissero senza figli, ritornino a Casa Reale.
“Da tai prelevati quattro terzi, dono ducati ventimila a ciascuno dei miei quattro fratelli, Carlo, Leopoldo, Luigi e Francesco; ducati quindicimila al principe di Bisignano, e ducati cinquemila alla gente del mio servizio.
“Del rimanente si cresca la porzione dei maschi secondogeniti, ma disugualmente, distribuiti in ragion diretta degli anni d’età di ciascuno: affinchè i minori d’età abbiano, col moltiplicamento di più anni, raggiunta la porzione pari a quella dei maggiori fratelli.
“La villa Caposele a Mola, come bene libero, lascio al mio primogenito, al mio caro Lasa.