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calvario. Progrediva il male e le notizie della guerra non erano quali egli le voleva. Fu invaso da un senso di paura, che manifestava senza mistero. Si faceva venire in camera il principe ereditario e gl’indicava i veri e i falsi amici della dinastia; lo ammoniva a non transigere con la rivoluzione e a non prender partito con l’Austria; aspettasse gli avvenimenti con tranquillità, perchè aveva il Papa come antemurale. Lo ammoniva su varie cose, ma principalmente di non risparmiare il suo zelo per la religione degli avi, e lo raccomandava particolarmente al Cardinal Cosenza ne’ frequenti colloquii con quel prelato.


Nei primi giorni di maggio, i medici notarono un nuovo peggioramento. Corrompendosi il sangue, si alteravano tutte le funzioni, si perturbava il sistema nervoso e la persona incadaveriva a vista d’occhio, rilevando tutti i fenomeni della rapida corruzione purulenta e della prossima fine. Un giorno, al chirurgo Capone, particolarmente destinato alle medicazioni, il re rivolse una domanda caratteristica. Essendogli sempre rimasto il dubbio, che la punta della baionetta di Agesilao Milano fosse avvelenata, teneva costantemente sulla cicatrice una piccola pietra, che gli avevano fatto credere avesse la virtù di un antidoto. Chiese al Capone che gli dicesse se anche quella cicatrice era venuta a suppurazione. Dopo averla osservata, Capone rispose che era intatta, e nel dargli questa risposta, ricordò coll’appellativo di infame il regicida. Il re lo riprese: “Non si deve dir male del prossimo; io ti ho chiamato per osservar la ferita e non per giudicare il misfatto; Iddio lo ha giudicato, io l’ho perdonato, e basta cosi„. Il peggioramento si accentuò dal 10 al 18 maggio. Il bollettino del 13 fu di nuovo allarmante. La mattina del 16, i medici e i chirurgi, a scanso di ogni loro responsabilità, consegnarono al principe ereditario una relazione in iscritto della malattia, con tutti i particolari che io ho narrati.

Fu pure in quei giorni che il re volle disporre, per testamento, delle sue sostanze private, Fino allora, per quanto giudicasse non lontana la sua fine, non aveva disposto nulla circa il suo patrimonio. Vi si decise a insistenza della regina, e per le esortazioni di monsignor Gallo. Chiamò quindi a sè il principe ereditario, e alla presenza della regina, di monsignor Gallo, dei conti di Trani e di Caserta, gli tenne un altro discorso sulle