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i medici. Fra questi, godevano veramente la fiducia del re, Rosati e Capone, il quale ultimo gli era entrato in grazia fin dal primo momento; ma la maggior confidenza l’infermo l’aveva in don Franco Rosati. Nei suoi momenti di buon umore, lo si era udito ripetere più volte, non esservi in Corte che un solo galantuomo, il Rosati. A Caserta volle che dormisse nella camera accanto alla sua. Del De Renzis soleva dire: “Don Felice ha la mano troppo pesante„; nè da lui voleva lasciarsi toccare.
Oramai neppure per la diplomazia era più un mistero l’imminente morte del re. Il Gropello, come sempre premuroso, ne informava telegraficamente Cavour, nello stesso giorno 13, e il 16 seguente così scriveva:
Ieri l’altro mi recava a dovere d’inviarle un telegramma per darle pronti ragguagli concernenti la salute di S. M.; col presente dispaccio mi pregio di confermarle quanto per via telegrafica le aveva annunziato. S. M. il Re dopo dì essere stato amministrato mercoledì scorso, dopo di aver preso congedo da tutti i membri della R. famiglia e presentato loro a nnovo Re il duca di Calabria ordinò che all’infuori di S. M. la Regina nessuno entrasse più nella sua camera, per dedicarsi intieramente alle cure spirituali col l’assistenza di monsignor Gallo, suo confessore. Assicurasi che la rassegnazione e la fermezza di S. M. sono veramente ammirabili. Benedicendo S. A. R. il Duca di Calabria gli disse di dedicarsi interamente al bene del suo popolo, che tanto egli aveva amato, che la corona che andava a cingere era dolorosa assai a portare, e che egli moriva convinto di aver sempre adempiuto i doveri che incombono ad un sovrano. In sulla mezzanotte di quel giorno S. M. provò una benefica calma per quasi 24 ore: ciò gli permise di riveder ieri tutti i membri della sua R. famiglia. Ierisera S. M. si sentì di nuovo peggiorata di molto e credevasi che non avrebbe potuto campar fino a questa mattina: però sino al momento in cui scrivo (ore 9 ant.) S. M. è ancora in vita.....
Volevasi da alcuni tentare una dimostrazione popolare per le strade alla morte di Ferdinando II, ma venne generalmente dissuaso il progetto, sia per non ribatter la via del ’48, sia per non dar subito motivo al nuovo Governo di impiegare la forza a repressione di disordini: ed infine perchè si conosce che agenti dì bassa polizia celatamente spinti da S. A. R. il Conte d’Aquila, oppositore acerrimo delle buone intenzioni del Conte di Siracusa, stanno agitando le masse dei sanfedisti onde avvenendo una dimostrazione scendere in piazza a mano armata per dar sopra ai liberali.
Anche nei giorni di maggiori sofferenze, che furono quelli dal 26 aprile alla morte, con brevi interruzioni, il re non lasciava di prender conto degli affari dello Stato, ma soprattutto e molto ansiosamente, delle cose della guerra. Sfumata la conferenza,