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la regina fece osservare che ciò avrebbe prodotto un allarme nella capitale e in tutto il Regno, e chiese quindi al Longo se in provincia vi fossero chirurgi capaci; nell’affermativa, quale credeva più adatto. Il Longo propose don Vincenzo Modugno di Bitonto, come colui che, alla scienza e al lungo esercizio, univa una mano invidiabile. Fu accettato; ma non se ne fece nulla, perchè la regina e Ramaglia presero ad insistere che si partisse a qualunque costo, mentre il re non voleva partire. Il suo orgoglio di Sovrano e il suo puntiglio di napoletano si ribellavano al pensiero che i liberali avrebbero gioito, vedendolo tornare a Napoli in quello stato. La burrasca politica d’altronde si addensava, e i rapporti di Carafa, sebbene all’acqua di rose, non lo lasciavano tranquillo. Giunse inoltre in quei giorni 1a notizia che i prigionieri politici, diretti in America, erano sbarcati in Irlanda e vi avevano ricevute accoglienze clamorose di simpatia, le quali a Londra raggiunsero le proporzioni di un pubblico avvenimento. Egli ne fa quindi stranamente turbato. Nè va dimenticato che non più di un mese prima aveva fatto rispondere da Bianchini al Broochetti, il quale riferiva le gran difficoltà, che incontrava a Cadice per farli partire, imbarcateli a qualunque costo. Nell’animo suo si combatteva pertanto una strana lotta di timori e di speranze. A vincere le riluttanze di lui, la Regina e Ramaglia fecero chiamare a Bari il padre Ludovico da Casoria, il quale parlandogli dei suoi doveri di principe verso Dio e verso i sudditi, e dei suoi doveri di capo di sì numerosa famiglia che adorava, lo consigliò, con efficace facondia di frate e di napoletano, alla partenza. Il re aveva nel padre Ludovico immensa fiducia, e le parole di lui finirono per persuadetelo, come al compimento di un dovere politico, religioso e domestico.
Fissata la partenza per i primi giorni di marzo, gli arciduchi austriaci lasciarono Bari il 24 febbraio, diretti a Napoli Il duca e la duchessa di Calabria, il conte di Trani e il conte di Caserta li accompagnarono sino a Moffetta. Le carrozze erano precedute e scortate da uno squadrone di dragoni. All’ingresso di Moffetta trovarono l’arco trionfale preparato per il re, ma in città non si fermarono, anzi l’attraversarono a trotto serrato, e gli addii fra i congiunti ebbero luogo al santuario della Ma-