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or sono firmò diciassette decreti: all’ultimo, sfinito di forze, cadde svenuto sul letto.

S. A. R. il Conte di Siracusa, per cagione dell’incertezza da me più sopra accennata e della diffidenza, in cui si tiene il duca di Calabria, non ha potuto finora adoperarsi per quello scopo di cui era parola negli ultimi miei dispacci politici.1

L’ombra triste del disinganno oscurava così l’ultima speranza, che Francesco sarebbe stato, per la salvezza del Regno e della dinastia, diverso da suo padre.


  1. Questi dispacci, di certo più confidenziali, non sono nell’archivio di Stato di Torino come gli altri, nè si è certi che si trovino nell’archivio segreto del ministero degli esteri. Non è ignota la infelice sorte, che ebbero i documenti diplomatici più riservati di quel periodo, che corre dal maggio 1859 a tutto il 1860. Ne parlai già nell’altro libro: Roma e lo Stato del Papa, pag. 60 e 61, vol. II, rivelando, con facoltà datami da Costantino Nigra, alcuni particolari interessanti circa il carteggio intimo di Cavour, il quale aveva l’abitudine di tenere presso di sè la corrispondenza diplomatica più gelosa, di guisa che, alla sua morte, di lettere, carte e fascicoli si trovò piena la casa, e ve ne fu deplorabile dispersione. Il Nigra non mi celava il sospetto, che i documenti, potuti recuperare con danaro dato da Vittorio Emanuele, fossero stati raccolti e chiusi nell’archivio segreto di Corte.