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gli avrebbero fatto vedere l’infermo; ma le insistenze dei parenti e degli amici lo indussero ad accettare l’invito. Fu subito introdotto nella camera del re, che gli porse la mano e lo pregò di procurare di attenuare le sue sofferenze. Il Longo osservò minutamente e lo rassicurò che sarebbe guarito, sottoponendosi a una cura rigorosa. Si tenne nuovo consulto fra lui, Ramaglia e Leone, alla presenza del principe ereditario. Il Longo manifestò il parere che la causa efficiente del male fosse un ascesso alla regione femorale, e perciò consigliava l’uso dei risolventi; e questi non riuscendo, disse creder necessaria l’opera del chirurgo. Ramagli non potè far a meno di convenirne; e pur non dando grande importanza all’ascesso, non disconobbe che si dovesse tenerle di mira.
Ferdinando II fini coi mostrar chiaramente di non aver più fiducia nei medici e nella medicina. Cominciò fin d’allora l’esposizione delle reliquie miracolose nella sua camera da letto, trasformata via via in un piccolo santuario. V’erano esposte immagini sacre, scapolari, pezzi di tuniche di santi, bottiglie di manna di San Niccola e di olio della lampada della Madonna di Capurso. Il re, nel parossismo del dolore, recitava, a voce alta speciali preghiere e invocava i santi e la Madonna Immacolata, nella quale aveva una divozione immensa. Era fiducioso di guarire, ma per opera della divinità, non degli uomini.
La sposa era arrivata, le cerimonie si eran compiute e la Corte non accennava a tornare a Napoli. La provincia era sempre in festa; e in quelle città, che la famiglia reale avrebbe toccato nel viaggio di ritorno, i preparativi non avevano fine. S’innalzavano dappertutto archi, toselli, bandiere e luminarie con lamparielli. Molfetta aveva costruito all’ingresso dalla parte di Giovinazzo, un grande arco di trionfo, sul quale era scritto: al re Ferdinando II, la devota Molfetta, e le autorità sì davano moto, e i seminaristi non avevano requie, perchè essi formavano l’ornamento maggiore della Città, e perciò destinati a tutti i ricevimenti. Ma il ritardo cominciava già a suscitare commenti, e le voci più strane circolavano: persino quella che la partenza fosse ritardata dall’imminente sgravo della regina, che non era incinta. Trani invidiava a Bari la lunga dimora della Corte, e un signore tranese scriveva in quei giorni ad un suo amico di