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glia, dopo averli baciati. Nella camera nuziale non entrò col duca e la duchessa di Calabria, che donna Nina Rizzo; anzi, veramente, Francesco non entrò, ma attese, timidissimo, nella camera precedente, che la Rizzo gli annunziasse che la sposa si era messa a letto. Francesco continuava a mostrarsi stranamente confuso ed agitato, e passò il tempo a recitar preci, sino a che gli parve, che Maria Sofia avesse preso sonno, nè prima di allora, chetamente per non destarla, andò a letto. E così fu per tutto il tempo che stettero a Bari; il che spiega forse la tristezza di lei, il suo desiderio di svaghi d’altro genere, e il bisogno, che sentiva qualche volta, di piangere: tutte circostanze rivelate qualche anno dopo dalla Rizzo.
Le commozioni di quel giorno e l’abbattimento morale dei re, inchiodato in letto, fra tanta clamorosa gioia, ufficiale e pubblica, aggravarono rapidamente e in modo allarmante, le condizioni dì sua salute. La notte dal 3 al 4 febbraio, la prima della presunta luna di miele del duca e della duchessa di Calabria, fu angosciosa per lui. La regina e Ramaglia non si tolsero dalla sua camera. Il male faceva progressi, e le sofferenze dell’infermo diventavano insopportabili. Lontano dalla capitale, in una città di provincia, ben diversa da quella che è divenuta oggi, dove non tutto si poteva ottenere e dove non era possibile serbare il segreto, Ramaglia col solo aiuto del giovane dottor Capozzi, si trovava a disagio, nè voleva assumersi, più oltre, una grave responsabilità. La mattina del 5 febbraio disse alla Regina che sarebbe necessario chiamar da Lecce il dottor Leone, e coll’assenso del Re, da lei informatone, si telegrafò all’intendente Sozi Carafa. L’ordine di recarsi immediatamente a Bari sorprese il dottor Leone fuori di casa. Non ebbe neppure il tempo di correre a salutare sua madre; montò in carrozza e, la sera stessa, giunse a Bari. L’indomani ci fu lungo consulto tra lui e Ramaglia, ed entrambi non si nascosero la gravità del male, nè la difficoltà della cura, perchè cominciava a verificarsi qualche fenomeno di competenza chirurgica. Furono, due giorni dopo, chiamati a consulto il dottor Niccola Longo di Modugno, il dottor Vincenzo Chiaia di Rutigliano, residente a Bari, e il dottor Enrico Ferrara di Bitonto, tutti in fama di dotti medici, e al consulto assistettero U regina e il duca di Calabria, il quale, prima che il consulto comin-