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se ne accorgesse. Entrata nel salone la famiglia reale, tranne il re, gli sposi furono fatti sedere su due sedie, collocate di fronte all’altare. Monsignor Pedicini, assistito dai canonici metropolitani e dai palatini, celebrò la messa, fece un discorso d’ocoasione e benedisse gli sposi con l’acqua tanta. Poi fn cantato il Te Deum, durante il quale le navi da guerra fecero le loro salve, e le bande musicali suonarono l’inno borbonico. Compiuta la funzione, alla quale conferì maggiore solennità la benedizione papale, mandata per telegrafo da Pio IX, la famiglia rientrò nei suoi appartamenti, e Ferdinando II, cui era stato riferito il comico incidente, chiamato il conte di Caserta, lo rimproverò aspramente e gli inflisse tre giorni di chiusura in camera, che poi, a intercessione della madre, ridusse a uno solo. Il ragazzo raccontava egli stesso la storiella della coda e confessava che il re gli aveva detto: “Guagliò, sti scherzi non se fanno; so scherzi ’e lazzaro„.1

Venuta la sera, sulla piazza dì fronte al palazzo, brulicante di popolo e sfarzosamente illuminata, come tutta la città, s’innalzarono palloni in gran numero di forme svariatissime, tra uno strimpellare assordante di bande musicali. Più tardi, nella stessa piazza, da un coro formato di dilettanti, tutti con ceri accesi in mano, fu cantato, in onore degli sposi, un inno composto da Giulio Petroni e musicato dal maestro Curci, sull’aria dell’inno borbonico. All’Intendenza ci fu gran pranzo ufficiale, nel quale furono serviti i maccheroni di zita, secondo la tradizione dei matrimoni! meridionali, e preparati da Vito di Dio. Dopo il pranzo, il duca e la duchessa di Calabria andarono ad augurare la buona notte al re, che li abbracciò entrambi, e si ritirarono nelle loro stanze. La camera da letto degli sposi era la seconda a destra del gran salone, la stessa dove alloggiò re Umberto, l’ultima volta che andò a Bari, L’intendente, appena fu ufficialmente certo che la sposa sarebbe sbarcata a Bari, aveva chiamato il sindaco Capriati, per ordinargli di allestire in modo conveniente la camera nuziale. Il Capriati, che, proprio in quei giorni, aveva acquistato un ricco talamo per una sua nipote, lo mandò all’Intendenza. Biancherie e materasse vennero date da suo fratello Enrico. Sino alla camera da letto, gli sposi furono accompagnati dalla Regina, che li lasciò sulla so-

  1. Ragazzo, questi scherzi non si fanno; sono scherzi da lazzaro.