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sitamente eretto allo scalo, le autorità e i personaggi ufficiali in grande uniforme, il cerimoniere Statella, il sindaco Capriati e, insieme con loro, i vescovi della provincia, convenuti a Bari, non che monsignor Gallo, confessore della Regina, e monsignor Rossini, arcivescovo di Acerenza e Matera. Lungo il corso Ferdinando, erano schierate le truppe, sotto il comando del generale Caracciolo di San Vito; il padiglione di sbarco era custodito dalle guardie d’onore e dai granatieri, e i due moli del porto, dalle guardie doganali. I legni mercantili erano parati a festa e le bande musicali non cessavano di sonare l’inno borbonico, Appena il Fulminante dette fondo, furono sparati cento colpi di cannone dal castello, e ogni colpo veniva ripetuto dai grossi bastimenti e dalle barche doganali. Sin dalle prime ore della mattina, l’ampio Corso e la più ampia via della piazza coperta e le mura bizantine che scendono a picco nel mare erano gremite di una folla straordinaria e pittoresca.

Il corteggio reale era formato da dieci carrozze, circondate e seguite da guardie d’onore a cavallo. Era uno spettacolo imponente, ma il re non c’era. A spiegare i commenti della folla circa l’assenza dì lui, si fece correre la voce, che Sua Maestà non aveva voluto esporsi alla brezza marina, essendo ancora indisposto. Nella prima carrozza sedevano il marchese Imperiale, il duca di Sangro e il principe della Scaletta; nella seconda la regina e il duca di Calabria, in divisa di colonnello degli usseri, con la fascia di San Gennaro e il Toson d’oro; nella terza, i conti di Trani e di Caserta, coi colonnelli Cappetta e Nicoli; nella quarta, gli arciduchi Guglielmo e Ranieri e l’arciduchessa Maria, e nelle altre carrozze Murena, Bianchini in grande uniforme, la principessa della Scaletta, la baronessa Andriana, dama di compagnia dell’arciduchessa Maria, i generali Ferrari, Del Re e Nunziante, e i colonnelli Severino e Latour. Le carrozze procedevano lente, in mezzo al popolo festante. Giunti al padiglione, il duca di Calabria, la Regina, i principi e gli arciduchi, accompagnati dalla principessa della Scaletta, dal marchese Imperiale e dai generali Ferrari e Del Re, montarono su ricche lance e andarono a bordo. La lancia reale era comandata dall’ufficiale Vincenzo Criscuolo, figlio di don Raffaele.