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stata felicissima di una visita. Il Re rispose che sarebbe lieto di compiacere la buona popolazione di Cotrone, ma gliene mancava il tempo e sperava in altra occasione far contenti i cotronesi. E qui lascio la parola al marchese Antonio Lucifero. "Ci domandò se dimoravamo in Catanzaro, ed alla risposta che eravamo venuti da Cotrone, percorrendo quaranta miglia solo per felicitarlo, egli ripigliò che ci volevano certamente molte ore di carrozza; e noi dicendogli che la strada rotabile non era finita, e che bisognava fare tutto il cammino a cavallo, parve che se ne maravigliasse e ci ringraziò di nuovo. Baciammo la mano prima a lui e poi al principe ereditario, del quale la mano tremava in modo da impressionarmi. Fatta la riverenza al conte di Trapani, questi, vedendo Maurizio Barracco che conosceva, gli disse, maravigliato: "Vui cca site?1 "A rendervi servigio, Altezza„, rispose Barracco; e il principe "Io vi credeva a Napoli„.

Ecco l’impressione che di Ferdinando II ebbe il marchese Lucifero: "...contava allora 42 anni appena, ma ne mostrava di più; aveva una persona, di quelle che si dicono scassate; l’abito militare negletto e vecchio, o almeno pareva tale; l’aspetto non antipatico, ma la voce aveva un suono poco gradevole e sottile, in proporzione alla grossezza del corpo„...2

Compiuti i ricevimenti, il re visitò l’ospedale e il collegio, dove fu ricevuto da tutto il corpo degli insegnanti, con a capo il rettore padre Gerolamo Giovinazzi, delle scuole pie. Andò prima nella sala dei ricevimenti, dove il fanciullo Felicetto Tocco recitò una poesia d’occasione. Il Tocco, oltre ad essere il più giovane degli alunni, appariva, per la statura minuscola e la figura graziosa, addirittura un bambino. Felicetto non era convittore, ma solo alunno esterno; aveva nel collegio altri due fratelli, e qualche anno dopo vi entrò anche lui. Era allora

  1. Voi qui siete?
  2. Il marchese Antonio Lucifero fu uomo di molta probità, di vivace ingegno e padre dei miei amici, Alfonso e Alfredo. Altri particolari del viaggio in provincia di Catanzaro, e quelli concernenti la deputazione di Pizzo, li devo al cavalier Gaetano Alcalà, che ebbi la fortuna di conoscere in Pizzo, nel maggio 1900 e morto poco. Questo bravo vecchio, che ha una memoria portentosa, mi ha scritto una lunga relazione di quel viaggio. Altre notizie di Catanzaro mi furono fornite dal conte Ettore Capialbi, il lodato scrittore della Fine di un Re, e da Vincenzo Parisio, la cui cultura è pari soltanto alla caratteristica pigrizia. Questi miei cari amici erano convittori nel collegio di Catanzaro in quell’anno.