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renza di un mortorio. Ma la nota più malinconica era data dall’ aspetto abbattuto del re, con la barba e i capelli incolti e completamente canuti. Con visibile sforzo egli rispondeva agli evviva del popolo, agitando, fuori lo sportello della vettura, un fazzoletto bianco. Dall’arco di trionfo all’Intendenza fu una baldoria. Arrivato il corteo di fronte al palazzo, la folla fece tal ressa per entrare nell’atrio, che Ferdinando II ne fu quasi impaurito, e protestò che non sarebbe sceso, se non si fosse sgombrato l’atrio. I gendarmi a cavallo, comandati dal loro capitano De Curtis, distribuendo piattonate a destra e a sinistra, fecero largo; l’atrio fu così sgombrato e il re; con molte precauzioni, scese dalla carrozza, e dato il braccio alla regina, cominciò a salire penosamente le scale. A monsignor Rossini, arcivescovo di Matera, che gli chiese conto della sua salute, rispose: “Monsignò, sto nu pucurillo acciso„.1
Le scale dell’intendenza presentavano un aspetto imponente. Signore, signori, vescovi e arcivescovi facevano ala, con ceri accesi in mano. La signora Mandarini, moglie dell’intendente, la signora Capriati, moglie del sindaco, la signora Pappalepore e la baronessa D’Amely formavano la commissione per ricevere la regina; e Vito Pappalepore, il conte Massenzio Filo, Enrico Capriati, Gerardo Sirone e Niccola Pollio formavano la commissione per le feste. Altri gentiluomini baresi erano schierati a destra e a sinistra. Il re saliva a stento, fermandosi ogni tre o quattro scalini, e sostando a lungo su gli ampii pianerottoli. Arrivato nel suo appartamento, non volle mangiar nulla; ma, chiamato dalle grida assordanti della folla al balcone, vi comparve un momento. La città era illuminata a festoni e ad archi costruiti sotto la direzione dell’architetto Lofoco, mentre i trasparenti erano stati dipinti dai pittori Zito e Sorace. Al re era tornato acutissimo il dolore al femore; non si reggeva e volle andare subito a letto. Lo svestirono con ogni cura la regina, Ramaglia e Galizia. L’appartamento del re e quelli dei principi erano stati addobbati alla meglio, con mobili e soprammobili forniti dalle principali famiglie di Bari: Capriati, De Gemmis, Pappalepore, Elia. L’Intendenza era divenuta una locanda. Alcuni del seguito presero alloggio in case private; il Murena e il Bianchini in casa Diana.
- ↑ Monsignore, sono mezzo morto.