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clamorosa dimostrazione in suo onore. Ordinò che fosse arrestato un triste soggetto, certo Giuseppe Calvo, manesco e bestiale, che incuteva paura alle autorità, anzi ne vendeva la protezione e per malo animo maltrattava la moglie crudelmente. Tutta Catanzaro applaudì, ma il credito delle autorità locali non ne guadagnò punto, ma al re premeva dar loro questa mortificazione.

Doveva esser ricevuta prima la deputazione di Cotrone, e il maggiordomo, principe di Iaci, chiamò: "La deputazione di Cotrone" — "Nossignore, gridò il Re dalla sala di udienza, quella di Pizzo". Grande sorpresa nell’anticamera. La deputazione della fedelissima città di Pizzo era formata da don Gaetano Alcalà, figliuolo di quell’ottimo agente del duca dell’Infantado, che aveva mostrata una pietosa premura per Gioacchino Murat, da don Luigi de Sanctis e dal canonico Greco, poichè un prete ci voleva. E qui lascio la parola all’Alcalà. "Mentre eravamo in attesa di essere ricevuti dal Re, il maggiore Piazzini della gendarmeria, mio intimo amico, il quale comandava il plotone di scorta, mi chiama da parte e mi disse tutto spaventato: "Sai che avvenne ieri a Musitano per l’affare della barba? Ti consiglio quindi toglierti subito la piccola mosca che hai, perchè potrebbe spiacere al re, benchè forse a te non direbbe nulla, essendo tu un particolare„. Corsi nella stanza del colonnello Nunziante e dissi al suo cameriere: "Angiolo, dammi un rasoio, e tieni in mano lo specchio„. Angiolo ubbidì e io, in un attimo, mi tolsi la moschina e tornai al mio posto, nel momento che eravamo invitati dal Re ad entrare. Sua Maestà stava diritto in mezzo alla sala, e a due passi da lui il principe ereditario a destra, e il conte di Trapani a sinistra. Offrendo a S. M. gli omaggi di Pizzo fedelissima e pregandolo di onorare la città di una sua visita, il re ci rispose cortesemente: "Mi dispiace, signor Alcalà, dell’incomodo che vi siete dato di venire fin qui, e mi dispiace pure che maggiore incomodo dovremo dare al vostro paese, avendo deciso d’imbarcarci tutti colà per Napoli„.


Fu chiamata poi la deputazione di Cotrone. Questa era formata dal barone Alfonso Barracco, da suo fratello Maurizio, dal marchese Antonio Lucifero e dal signor Bernardino Albani: quattro cugini, i quali rappresentavano la parte più eletta e facoltosa di Cotrone. Il barone Barracco diresse al Re un sobrio discorso di felicitazioni, invitandolo a passare per Cotrone, che sarebbe