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Romano, la mobilia e i lampadari, e Romano, ch’era sindaco, anche l’argenteria da tavola e da sala.

La carrozza reale, tirata da quattro cavalli storni romani, giunse a trotto serrato a porta di Napoli. La precedevano quattro dragoni, che illuminavano la via con torcie a vento; altri sei dragoni la seguivano; tutte le campane delle chiese suonavano a festa. Al re, nel salutare gli astanti, cadde di mano il berretto: un popolano lo raccolse, ma Ferdinando II, si disse, non lo rivolle e, aperta una valigia, che aveva dinanzi, ne prese un altro. Le guardie d’onore, Giuseppe Libertini, Francesco Quarta, Francesco Russo, Gesualdo Sanguinetti, Pasquale Ceino, Attilio Jurlaro, Giuseppe Tresca-Giovinazzi, Pasquale Bauli, il cavalier Venturi formavano il drappello di servizio, ma Ludovico Tarsia e Giuseppe Maggi di Martina Franca, bei giovani, aitanti della persona, si distinsero, per forza di resistenza, nel seguire al trotto serrato le carrozze senza dar segno di stanchezza. Lentamente le vetture percorsero il viale di Napoli, illuminato con legna di pino su canestri di ferro, e le vie del Vescovado e delle Quattro Farmacie addobbate con parati di carta. La meschinità degli addobbi era compensata dall’ampollosità delle epigrafi, che si leggevano in ogni punto e superanti in goffaggine tutte le altre. Una diceva: Vieni — o Ferdinando Augusto — fra i plausi ed i voti — della tua Lecce — se lontana di sito — vicinissima d’affetto; e un’altra: Reputò assai lontana la Reggia — Ferdinando II — principe munificentissimo — per intendere t voti e le suppliche — della Città di Matennio e sino a lei venne sollecito — malgrado i rigori jemali — 13 gennaio 1859 — per interrogarla egli stesso — e a tutti i bisogni di lei — paternamente provvedere. Alle finestre e ai terrazzini, nonostante l’ora incomoda, si sporgeva una moltitudine di signore e di signori, plaudenti e sventolanti bandiere e fazzoletti. La signora Stella Donadeo, vedova di Michele Spada di Spinazzola, che nonostante fosse fresca di parto, volle vedere quello spettacolo, ne prese una malattia, e ne morì. Il cortile del palazzo dell’Intendenza era illuminato a luce elettrica: portentosa novità dovuta al padre Miozzi, professore di fisica nel collegio reale dei gesuiti e al professore Giuseppe Eugenio Balsamo, che poi fu deputato dì Lecce, naturalmente di sinistra. Le vetture entrarono nel grande atrio del palazzo fermandosi innanzi allo scalone, dove erano