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arrivare a Taranto, i sovrani sostarono dieci minuti, ricevendo gli omaggi delle autorità. I massafresl si abbandonarono alle più pazze esultanze e gridavano a coro: “grazie, grazie, Maestà„. Il re chiese: “e che grazie volete?„ e quelli, con più alte grida: “basta che t’avimmo visto, Maestà„. Il re, cui tardava di proseguire il viaggio, di tutte quelle dimostrazioni grottesche era seccato e dava manifesti segni d’impazienza. Era il sesto giorno di viaggio; il moto della carrozza aumentava le sue sofferenze, e però aveva gran, fretta di arrivare a Lecce, dove contava riposarsi a lungo.


Si giunse a Taranto alle 4 1/2. Uno squadrone di dragoni precedeva le carrozze, salutate, al loro apparire, da acclamazioni ed applausi frenetici. I tarantini erano usciti fuori dalla città, incontro ai Sovrani. Attendevano alla porta di Napoli il sindaco Giacinto Mannarini, un uomo di corporatura enorme, e tutti i decurioni, fra i quali, ricordo, Tommaso Ciuria, Luigi Grassi, Michele Franco, Francesco Piccione, Gaetano Latagliats, Gaetano Portacci e Nicola Greco; nè mancavano i consueti rappresentanti delle confraternite e delle corporazioni religiose. Il re, senza fermarsi, si diresse all’episcopio; e poichè la carrozza reale a stento poteva procedere fra le anguste vie della città bimare, e in mezzo ad una folla acclamante e schiacciante, i gendarmi adoperavano il calcio dei fucili per far largo. Ferdinando II rimproverò aspramente, e furono coperte d’applausi le sue parole: “Voi non sapete fare il vostro dovere; il gendarme non deve battere, deve occupare il posto„. E giunto all’episcopio, dove lo attendevano monsignor vescovo Rotondo, arcivescovo di Taranto, monsignor Margarita, vescovo di Oria, e tutte le dignità capitolari, suo primo atto fu di punire con gli arresti in fortezza il comandante dello squadrone di cavalleria, perchè i cavalli erano quasi sfiniti dalla stanchezza. E al figlio del comandante, che tentò intercedere per il padre, rispose parole severe. Il re era di pessimo umore. Appena scese di carrozza, il comandante del castello gliene presentò le chiavi, sopra un cuscino di velluto. 11 re le respinse, dicendo: “Stanno bene affidate„; ed avendogli il comandante chiesto se si dovessero fare le salve d’onore, il re rispose: “Fate tutto quello che mi spetta„. E così il cannone cominciò a tuonare. Prima che il comandante s’allonta-