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provincia Sozi Carafa, il sottointendente di Taranto, De Monaco e altre autorità. Sorgeva anche laggiù un arco di stile dorico con relative epigrafi. Acclamazioni e applausi, accompagnati dall’inno reale, salutarono i sovrani al loro apparire, ma questi si fermarono il tempo necessario per il cambio dei cavalli, nè discesero dalla vettura. Parve che il re ricevesse freddamente il Sozi Carafa, memore, si disse, della inchiesta, fatta fare due anni prima dal magistrato don Scipione Jocca, ani lavori stradali della provincia, e che riuscì sfavorevole all’intendente, rimasto in carica, si diceva, per protezione della regina; ma erano voci create da malignità. Sozi Carafa, che io conobbi dopo il 1860, modesto impiegato in una casa di spedizioni marittime, morì poverissimo; e, politica a parte, fu uno dei migliori funzionarli mandati a reggere la Terra d’Otranto. Da San Basilio la strada s’inerpica pittorescamente, per quattro miglia, sulla collina dì Mottola. E di mano in mano che la real comitiva avanzava, seguita da tutta quella turba a piedi e a cavallo, nel maggior disordine, ma sempre plaudente ed urlante, si apriva alla vista il maraviglioso panorama del golfo di Taranto, coi monti di Basilicata e di Calabria. Essendo stati cambiati i cavalli a San Basilio, e dovendo essere ricambiati a Massafra, i Sovrani non sostarono a Mottola che qualche minuto. Nel punto, in cui s’incrociano le quattro strade, innanzi alla piccola locanda del paese, era accorsa tutta la cittadinanza, con alla testa il sindaco notar Leonardo Caramia, i decurioni, il giudice regio e le signore, le quali avevano apparecchiato il cioccolatte da offrire ai sovrani, e imparato il cerimoniale dell’offerta, ma questi non accettarono. Sollevò l’ilarità generale il giudice regio Pìrchio, che nella confusione, volendo passare dalla parte della strada, dov’era aperto lo sportello della carrozza reale, non vide un mucchio di sassi e vi ruzzolò sopra, rialzandosi col viso pesto e gli abiti sporchi. Il re non si potè tenere dal ridere, quando se lo vide dinanzi conciato a quel modo. Delle tre guardie d’onore di Mottola, due erano andate a San Basilio, don Giovannino Mignozzi e don Angelo Cardinali, e la terza, don Titta Sabato, era confuso nella folla in abito borghese, perchè attendibile.

Partiti da Mottola, il re e la regina passarono sotto un altro arco a Massafra, e dove, per l’ultimo cambio di cavalli prima di