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denza e due palmi di neve ghiacciata! 1 cavalli sdrucciolavano, parecchi caddero, le ruote delle carrozze non resistevano più alle martinicche. Si dovette scendere e andare a piedi per un miglio. Il re camminava a stento, appoggiandosi al braccio di don Leopoldo Zampetti, guardia d’onore di Montefusco, uomo di statura gigantesca, I terrazzani, i sindaci e i decurioni dei vicini borghi, accorsi al passaggio con stendardi e bande musicali, si studiavano di diminuire l’asprezza del cammino, o spargendo terra sopra il ghiaccio, o battendo con grida festive i piedi sopra la neve, in modo da lasciarvi le impronte, sulle quali i sovrani potessero camminare più sicuramente. Anche le donne buttavano i caratteristici mantelli sulla via, per renderla più agevole alla regina. Così si continuò, per tutta la forte discesa, fra la bufera di neve. Tali dimostrazioni di affetto confortavano assai mediocremente il re, ma resero possibile la continuazione del viaggio. A Dentecane si rimontò nelle carrozze, che i contadini avevano sorrette per mezzo di funi. A memoria d’uomo non si ricordava una nevicata simile. Alle cave di Scarnecchia i cavalli si dovettero staccare e le carrozze trascinare dai contadini, Federico Lupi moltiplicava la sua attività e bestemmiava come un eretico, ma sottovoce, perchè il re non lo udisse. Alcuni del seguito scesero di nuovo, e percorsero a piedi un altro buon tratto di strada; ma non avendo stivaloni ferrati scivolavano; e la regina, che aveva scarpine di seta, fu lì lì per cadere anch’essa. Si sorreggevano al braccio delle guardie d’onore, imbarazzate nell’uniforme che non erano avvezze a indossare. Alle cinque, come Dio volle, si giunse sotto Ariano, dov’era il cambio dei cavalli.


Il re era assiderato, e come lui quasi tutto il seguito, di cui facevano parte uomini avanzati negli anni e non avvezzi a tali disagi. Di tratto in tratto, egli prendeva qualche sorso di rum. La regina mostrava una certa intrepidezza, la quale non riusciva però a dissipare la nota di malinconia, che su tutti incombeva. Non pareva gente diretta a una cerimonia di nozze, ma un corteo funebre, che la rigidità della stagione rendeva più lugubre, e un destino inesorabile spingeva su quelle vette solitarie, coperte di neve. Tutta Ariano aspettava alla stazione della posta.