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Egli fu padre di Tommaso, morto ambasciatore del regno d’Italia. Molto affiatamento esisteva fra i professori e gli studenti, che negli ultimi tre anni superarono la cifra di seicento. Oggi, hanno superato il migliaio; e mentre in quegli anni la facoltà di filosofia e lettere non ebbe alcun iscritto, oggi ne conta settantanove. Il maggior numero degli iscritti era allora nelle facoltà di giurisprudenza e di matematica, perchè in quelle facoltà erano i professori più valorosi. Nella facoltà di teologia ve ne furono due soli nel 1858, e cinque negli anni successivi!


La polizia teneva d’occhio la studentesca, trattandola con maggior severità, che non a Palermo e a Messina, e come in quelle Università, anche a Catania gli studenti non potevano presentarsi agli esami senza il certificato della comunione di Pasqua. Erano perciò condotti in settimana santa nella chiesa dei gesuiti per farvi gli esercizi; e se si manifestava qualche scatto di ribellione, la polizia ricorreva al carcere, allo sfratto e qualche volta al bastone. La parte disciplinare dell’Università, relativamente alla religione e alla politica, era affidata specialmente ad un ecclesiastico che fu sino al 1870 un prete Zappolà, morto a 92 anni, e che essendo uomo di buone viscere si trovava come fra l’incudine ed il martello; tra la polizia, l’intendente e la scolaresca quasi tutta liberale. E assai rigido era difetti l’intendente Panebianco, il quale non risparmiava nemmeno i proprii figli, da lui, un giorno puniti, sì disse, con l’arresto in casa. Si rileva dal bel libro di Emanuele de Marco,1 come l’autorità politica cercasse anche in questo l’aiuto del rettore, che doveva trasmettere alla polizia i nomi degli studenti, per il rilascio delle carte di soggiorno. Ed anche più in là si spinse il Panebianco con questa lettera, comicissima di certo, se giudicata coi criteri di oggi, e da lui diretta al rettore, in data 20 ottobre 1852, quattro giorni prima dell’arrivo del re: “Per ordine superiore essendosi considerato che le barbe non sono più di moda, e che il portarle fuori d’uso, richiama tristi rimembranze, è necessario che tutti coloro, i quali amino comparire di buona morale, levassero dai loro volti quel segno. Epperò io mi rivolgo a lei, affinchè sotto la sua responsabilità,

  1. La Sicilia nel decennio avanti la spedizione dei Mille. — Catania, tip. Sicula, Monaco e Mollica, 1898.