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del Notarbartolo, nel quale ebbe parte, come assessore, Emanuele Paternò, giovanissimo e più tardi sindaco anche lui dì Palermo, fu cominciato il teatro Massimo e votate altre opere pubbliche; ebbe grande impulso l’insegnamento elementare e fu sottoposto a processo e condannato il vecchio tesoriere, sul quale le precedenti amministrazioni avevano chiuso gli occhi. Oggi Palermo, grazie al valore e alle cure di questi bravi uomini, una delle più belle e salubri città d’Italia; è una città che non ha perduto il suo aspetto caratteristico, ma il nuovo si è così armonicamente innestato sul vecchio, che non sembra quasi impossibile che prima del 1848 non vi fosse la via della Libertà, e la città finisse a porta Macqueda e al ferriato di Villafranca, non sembra possibile che non esistesse fino al 1870 lo splendido Politeama, e fino al 1892 non esistesse il nuovo magnifico quartiere, dove fu l’Esposizione, e la passeggiata non si estendesse oltre la Favorita, fino a Mondello e a Partanna da una parte, e ai Colli dall’altra, in quell’incantevole foresta di agrumi, che sino a pochi anni fa era una palude, prosciugata da un consorzio di cittadini, a capo dei quali fu un nomo illuminato e tenace, il senatore Francesco Lanza di Scalea. Quell’opera può dirsi oggi compiuta e la malaria, che infestava quelle contrade, è scomparsa. Da pochi e incerti fanali a gaz, che illuminavano nelle sere estive il Fôro Borbonico, alla presente illuminazione, per cui i Quattro Canti sono trasformati in un salone, e la villa Giulia in una féerie, che non ha l’eguale nel mondo, quanto cammino! Palermo, che aveva acqua bastante sol per disseta», ora n’è largamente fornita dalle sorgenti di Soffiato, e ne rad merito in gran parte al sindaco marchese Ugo delle Favare, che ne fece il contratto. E di tutto questo progresso, compiuto in poco più di sei lustri, si vedono i segni nel bilancio comunale, aumentato ben dieci volte da allora. Se nel quinquennio 1856-1860 non era che di lire 1 908 806, nel 1897 era già salito a lire 19 332 347.
L’Università di Catania, chiamata Siculorum Gymnasium, aveva fama superiore a quella di Messina, e forse pari a quella di Palermo. Anzi in un libro pubblicato nel 1862 da Giuseppe Carnazza Amari, allora studente di legge ed oggi senatore, la prima origine di quella Università rimonterebbe ai tempi di