nari pene bestiali. Ne fece legare quattro, rei di ubriachezza, e ordinò che così legati fossero per quattro volte costretti a girare sotto la carena della nave ammiraglia. Morirono tutti e quattro. Castelcicala andò in gran pompa a visitarlo, ma appena il granduca cominciò a dir male del re, si levò e con inglese cortesia gli chiese il permesso di ritirarsi. Per non mancargli di riguardo, pose il Gallotti a disposizione di lui, e Costantino finì con l’avere molta benevolenza per il cortese segretario del luogotenente, che più tardi narrava a me questi curiosi particolari. Il gran duca ebbe anche della benevolenza per Maniscalco, ma quando seppe che lo faceva spiare, come aveva fatto spiare l’anno innanzi il duca di Aumale, andato a Palermo per visitare le sue tenute, non volle più vederlo. Partì il 21 marzo, e fu la sua partenza una liberazione per le autorità, ma non per l’alta società che perdette una desiderata occasione di svaghi. Si fermò a Napoli sino al 19 aprile e andò a Caserta a visitare l’infermo re. Il contegno di lui rispetto a Ferdinando II, e alla famiglia dei Borboni, rivelava non solo un astioso suo sentimento personale, ma il sentimento della Corte di Pietroburgo, di cui si era avuta già una prova nel silenzio serbato dai plenipotenziarii russi al Congresso di Parigi, tre anni prima, quando il governo di Napoli fu violentemente attaccato da lord Clarendon, e con minor violenza dal conte Walewski e dal conte di Cavour.