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vente faceva un viaggio all’estero o andava a Roma dov’era suo zio, il Cardinal Grassellinì. Un opuscolo di notevole valore scientifico, da lui pubblicato nel 1856, a proposito di una macchina idraulica, e inventata dal sacerdote don Giuseppe Vaglica, gli procurò la nomina di socio dell’Istituto d’incoraggiamento.
Una parte notevole del giornalismo siciliano era rappresentata da riviste, dirette a promuovere lo sviluppo industriale e particolarmente agricolo dell’Isola. Ricordo gli Annali d’agricoltura siciliana, redatti dal professore Giuseppe Inzenga; il Giornale della Commissione d’agricoltura e pastorizia, della quale era presidente Filippo Majorana, e il Giornale del R. Istituto d’incoraggiamento di agricoltura, arti e manifatture per la Sicilia: pubblicazioni che il Governo sussidiava in vario modo. Nel 1850, Giuseppe Biundi, impiegato al ministero d’istruzione, fondò l’Empedocle, una vera rivista, di cui ogni fascicolo conteneva monografie originali, rubriche di varietà e rassegne bibliografiche fatte assai bene. I libri di Placido De Luca, di Gioacchino di Marzo, di Longo Signorelli, di Gaetano Vanneschi, del barone Anca ebbero nell’Empedocle ampie recensioni e autorevoli giudizi. Nonostante l’indirizzo piuttosto teorico per la necessità dei tempi, la rivista mirava anche ad effetti pratici e utili alla Sicilia. Trattò della coltura delle canne da zucchero, rilevando che non c’era convenienza ad estenderla in Sicilia; ammaestrò circa la coltura della vite e dell’ulivo e sul modo più adatto e sollecito di rimboschire l’Isola; patrocinò l’istituzione d’una banca territoriale nell’interesse dell’agricoltura e trattò pure della pubblica beneficenza, con notevoli studi del Biundi stesso sui Monti di pietà, e sui rapporti fra la popolazione dì Sicilia e le sue condizioni economiche. L’ Empedocle finì nel 1860 e il Biundi passò impiegato al ministero d’istruzione del Regno d’Italia. Quella sua rivista, dati i tempi, fu un primo tentativo che gli costò dieci anni dì lavoro e non pochi sacrificii; ma nessuno ha pensato finora a fondarne una sul genere di quella, la quale, se pubblicava articoli che duravano anni, e se alcuni di questi erano scritti per non farsi leggere, rivelava nell’insieme che le condizioni della cultura nell’Isola erano assai più alte di quanto non rivelassero i giornaletti letterarii.
Va certamente ricordato, e con la maggior lode, il Giornale