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di Palazzo, regiae aulae porterius, che equivaleva a introduttore degli ambasciatori. Causa del duello fu la mantiglia della Stefanina di Rudinì, facendo a gara i due cavalieri a chi dovesse ritirarla prima! Il dì seguente ebbe luogo lo scontro e il Fano fu ferito gravemente. Il principe di Paternò contava parecchi duelli, e suo figlio, il conte di Caltanisetta, che aveva natura mite e detestava gli accattabrighe, ne ebbe uno con Emanuele Notarbartolo di San Giovanni, di cui era amicissimo, per futili motivi. Si battevano nobili e borghesi, e le polemiche letterarie ne erano soventi l’occasione; ma talvolta la cagione vera era un’antipatia momentanea e allora bisognava trovare subito il pretesto per scambiarsi delle sciabolate.

Il duello era in società il tema del quale forse più si parlava, dopo i teatri. Stefano de Maria, morto prefetto dì Lucca, famoso per le sue avventure d’amore e i cosmetici dei quali faceva largo uso, si battè con un ufficiale dei cacciatori e poi con Aristide Calani. Negli ultimi tempi che precorsero al 1860, Pietro Ilardi si battè col barone Gaetano Mazzeo; e il marchese di Fiume di Nisi, morto duca di Cesarò e deputato al Parlamento italiano, col principe di Giardinelli. Francesco Brancaccio di Carpino, che aveva autorità in questioni di cavalleria, fu padrino in questi scontri. Le sale di scherma non erano pubbliche, ma alcuni signori, come Antonio Pignatelli, Pietro Ugo delle Favare, Emanuele e Giuseppe Notarbartolo e i giovani Sant’Elia, dei quali era primogenito l’elegantissimo duca di Gela, che fu deputato e senatore, invitavano per turno a casa loro gli amici a esercitarsi. Non vi era giovane signore, o giovine della ricca borghesia, che non sapesse tirare di sciabola o di fioretto; la scherma compiva l’educazione, e perciò le partite di onore a succedevano con frequenza. I maestri di scherma più in voga erano Francesco Pioto, Claudio Inguaggiato, Giambattista Velia, Raffaele Basile. Un tal Neli, detto ’u quarararu, tirava benissimo con la mano sinistra e molti signori si misurarono con lui. Fu curiosa nel 1857 una polemica schermistica fra l’Inguaggiato e Blasco Fiorio, maestro di scherma a Catania. Si affermò che l’opuscolo dell’Inguaggiato in questa polemica fosse stato scritto da Corrado Lancia di Brolo, il quale aveva lasciato il servizio militare dopo la restaurazione e si era dato agli studii legali e meccanici, e visse a Palermo senza ricevere mai molestie. So-