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micie a pieghe sottilissime, accuratamente amidate. Colletti alti, molto alti, con pizzi sporgenti in avanti, e cravatte piuttosto larghe, dette rabate, fermate da spilli di corallo o di perle o di malachita. Il corallo rosa era molto elegante.

Serti di qualche fama, ma di secondo rango, erano Panarello, Romito e quel Russo, specialista dei pantaloni, che aveva bottega dirimpetto al teatro San Carlo e serviva gli ufficiali di marina. Per ogni taglio e cucitura di pantalone prendeva una piastra. Se i pantaloni variavano di larghezza, nell’alto o nel basso, viceversa il tait, lo storico tait napoletano, non variò di taglio: soltanto variò il modo di abbottonarlo. Era pure molto adoperato il soprabito o soprabitino a due petti, molto chiuso sul davanti, più della moderna redingote, o addirittura aperto. L’antipatico kraus non venne di moda che dopo il 1860. Il tait era abito di rito nelle passeggiate alla Villa, nelle periodiche borghesi e nelle rappresentazioni ai Fiorentini. Non vi era esempio che nei teatri principali comparisse spettatore in giacca e senza guanti. Proibiti dalla polizia i cappelli a cencio, erano più frequenti quelli a cilindro, lunghi e dalle falde strette. Cappellai di moda De Francesco, Scalisse e Apa, ma i cappelli di fabbrica napoletana non si adoperavano molto dagli eleganti, ed erano l’Inghilterra e la Francia che fornivano a preferenza cappelli e cravatte. Calzolai di prim’ordine Finoia, Spina e De Notaris; i migliori guanti vendevano Bossi, Cremonese e Pratioo a Toledo, e Amendola a Chiaia. A Toledo e a Chiaia erano le botteghe dei parrucchieri più celebri: Raison, Paolucci, Carafa e Aubry; e a Chiaja, il gioielliere più alla moda che serviva la Corte, era il Vigliarolo; e a Toledo avevano bottega i fratelli Del Prato e don Felice Tafuri, gioielliere e orologiaio famosissimo, sul cantone di vico d’Afflitto. Tafuri portava lunghi i capelli, che gli davano un aspetto di mago, era liberale e fu ufficiale della guardia nazionale a cavallo dopo il 1860, benché vecchio. Noto camiciaio, in via di Chiaja, il Della Croce, sulla stessa linea del negozio del Picardi, negozio di chincaglieria finissima e di genere francese. Picardi era un curioso tipo; quasi analfabeta, aveva modi burberi, anzi ruvidi, quando intuiva che l’avventore era provinciale e spilorcio. In origine fu legatore di libri, con meschina botteguccia al Monte di Dio, ma per l’eccellenza del lavoro, fu proclamato il primo legatore di libri di Na-