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fa sopraffatto dall’impeto di ree passioni, alimentate specialmente dai sospetti, perchè le sette già s’eran rendute potenti e tenevano il campo tra i cittadini e forse occultamente anoo nella reggia„. All’avvertenza del Capecelatro segue un interessante studio del Mandarini sulle opere di Troja e sulle postille al Muratori. Egli manifestò il desiderio di pubblicarne l’epistolario, ma, morto lui e morto lo Spaccapietra, prevedo che non se ne farà più nulla per un pezzo. Dal primo volume, che va sino all’anno 221 dell’èra volgare, al secondo, corsero otto anni. Questo comparve nel 1877, sempre per opera del Mandarini e dello Spaccapietra; va dall’anno 221 al 400 e contiene 449 postille. Per la preparazione di esso i buoni padri non potettero servirsi dei Quaderni del Troja, i quali in tanti luoghi completano le postille, perchè la vedova, che per il primo volume li aveva dati, li negò ripetutamente per il secondo. E se per pubblicare le postille agli annali di quattro secoli di storia sono corsi circa vent’anni, per mandare alla luce le postille a tutto il resto del Muratori, il tempo necessario, in proporzione, sarebbe più di un secolo! A Napoli c’è un’Accademia Reale e c’è una Società di storia patria: possibile che nessuna di queste istituzioni Benta il dovere di concorrere alla pubblicazione delle opere inedite di Carlo Troja, aiutando i Filippini a proseguire la stampa delle postille, con quella diligenza ed esattezza, che meritò loro le lodi di Marco Tabarrini e di altri dotti uomini; disseppellendo tutti quei manoscritti donati alla biblioteca nazionale, e raccogliendo e pubblicando intiero l’epistolario del Troja? Ed importantissima ne sarebbe la pubblicazione, perchè l’illustre morto sentì molto l’amicizia, fu arguto e bonario, a nessuno avaro di consigli, nè mai restio ad aprire l’animo suo intorno a questioni storiche.


Questo debito intanto, da mezzo secolo rimasto insoluto, si propose di recente soddisfare un vecchio uffiziale di quell’Archivio di stato, Giuseppe del Giudice, noto soprattutto par i suoi lavori storici dei tempi angioini. Il volume, ch’egli ha in parte scritto e in parte compilato su Carlo Troja, è un primo atto di dovere, che Napoli finalmente rende al grande storico suo. Ciò che l’indivisibile e sfortunato amico di lui Gaetano Trevisani non potè scrivere del maestro venerato, perchè la polizia borbonica non glielo permise nel 1858, potette libe-